Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario
Autore: Carla De Caro
Testata: Mangialibri
Data: 11 luglio 2013
Enzo Laganà è un cronista di Nera disilluso e disincantato, che ha perso interesse nel suo lavoro e ogni fiducia nell’obiettività dell’informazione mediatica. È per questo che quando un suo collega, Maritani, lo chiama per indagare su una brutta storia di omicidi avvenuti a Torino che vedono coinvolte le comunità albanese e rumena, decide, senza troppi scrupoli di coscienza, d’inventarsi una bufala di sana pianta. Facendo leva sulla creduloneria del collega, che non esita a calarsi nei panni del giornalista-detective del film Tutti gli uomini del presidente, imbastisce la storia di una presunta faida in corso tra la mafia albanese e quella rumena. La fonte? Un criminale albanese fittizio, alias “Gola profonda”, che vuole mantenere segreta la propria identità. Ma Enzo, soddisfatto della sua trovata, non fa i conti con le conseguenze che l’articolo inevitabilmente andrà a innescare. Perché se la notizia è finta, le conseguenze sono più che reali. La storia finisce in prima pagina, si fanno ipotesi e ricostruzioni, confronti con la notoria faida tra clan palermitani e corleonesi; persino i talk show più popolari si occupano della faccenda. Ma a questo punto la verità prende il sopravvento sulla fantasia e la notizia falsa apre una pista per una verità molto più complessa. Ma i grattacapi per lui non sono finiti. Parallelamente alla vicenda di “Gola profonda” Enzo viene coinvolto in una bizzarra controversia di quartiere. A quanto sembra, un maialino è stato trovato a fare due passi nella moschea di San Salvario, un affronto terribile per la comunità musulmana del quartiere. I musulmani chiedono giustizia, il proprietario del maialino - il nigeriano Joseph - si rinchiude in casa con l’adorato animale temendo rappresaglie, i comitati animalisti si mobilitano per salvare la povera bestia mentre il movimento para-leghista “Padroni a casa nostra” rivendica la sua italianità e lo adotta come simbolo nella lotta contro gli extracomunitari. A mediare tra tutte le parti in causa è chiamato Enzo, di origini “terrone” ma nato a Torino, immigrato a metà e quindi super-partes. Riuscirà a sbrogliare anche quest’altra matassa?
Come i precedenti Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio e Divorzio all’islamica a viale Marconi, questo terzo romanzo di Lakhous è un racconto corale. Da Roma l’ambientazione si sposta a Torino, nel quartiere di San Salvario, ma le dinamiche sono le stesse: la trama da romanzo giallo è solo un espediente per mettere in luce le caratteristiche, le convinzioni e le idiosincrasie, i tic e le virtù dei personaggi, su cui si costruisce tutto il racconto (non è un caso che le copertine dei suoi libri raffigurino sempre i personaggi). E il risultato è il ritratto di una società in divenire, di un’umanità varia ancora alla ricerca di punti di confronto e non solo di collisione, nel difficile tentativo di raggiungere la consapevolezza che la propria identità è rafforzata, e non minacciata, dalla diversità dell’altro. E così un semplice maialino può diventare il pomo della discordia, un simbolo per riaffermare le proprie differenze culturali a prima vista insanabili. Ma nel testo troviamo disseminati indizi che ci dimostrano che le barriere sono più immaginarie che reali, che un italiano può facilmente essere scambiato per un maghrebino e un nigeriano diventare un acceso sostenitore della Juventus; che gli italiani sono sempre stati un popolo di emigranti, anche se spesso lo dimenticano, e che ad avere la colpa sono sempre “gli ultimi arrivati”. E se la stampa generalizza e appiattisce, inventa notizie e capri espiatori solo per vendere di più, spetta alla scrittura, lieve e ironica, smontare quegli stereotipi, togliere il rumore di fondo per lasciare emergere la verità, che non è mai una sola.