Maschi e mariti in Elena Ferrante
Autore: Vincenzo Mazzacaro
Testata: il Pickwick
Data: 11 maggio 2013
La seconda parte de L'amica geniale, questo meraviglioso fotoromanzo che parla sempre di Lena e Lila, ormai cresciute. Una va al liceo, l'altra si è sposata. Nella vita di Lila entra un maschio, il marito, Stefano che ha la macelleria nel rione. Un maschio alla "Ferrante": fintamente gentile, all'inizio, poi predatorio, padrone, lui comanda le manovre del sesso; in questa esagerazione maschilista forse, o forse no, i maschi della Ferrante "fottono e comandano".
Solo agli intellettuali, a chi ha studiato, la scrittrice riconosce sensibilità, pathos, condivisione, anche se poi questi vengono descritti come mezzi uomini che non sanno difendere il loro amore, i loro ideali, le loro storie personali. Avendo percezione di sé sono destinati al fallimento storico e sentimentale. Nino Sarratore, che sarà l'amante di Lila, non la libera dal giogo domestico, non la libera da niente, la mantiene nella sua mansuetudine, anche nei momenti più potenti del libro, quando la ragazza sembra proprio che chiederà il divorzio e, quando lo farà, Nino non c'è più. Gli intellettuali, gli studenti della scrittrice, sono un poco "ricchioni", perché non sanno dominare il femminino, non hanno atout da giocare, sono dei falliti.
La stessa cosa vale anche per Anna Maria Ortese che scappò da Napoli dopo il libro Il mare non bagna Napoli, un libro senza sesso, in cui i suoi amici intellettuali sono trattati come dei codardi, dei vigliacchi che non sanno cambiare la società, comunisti di niente. Luigi Compagnone ne esce malissimo, tutti tolsero il saluto a quella piccola donna che fumava continuamente perché aveva dipinto la rassegnazione di Napoli.
Nel libro della Ferrante si parla anche di politica, di comunisti, ma come un'appendice poco gloriosa, come un gioco maschile cretino, loro che non si sanno nemmeno cambiare le mutande, poverini. Nella logica del "fottere e comandare" ci sono i fratelli Solara, Michele che era stato il primo fidanzato di Lila e non riesce a capire come è possibile che sia stato sostituito. Michele Solara rivuole Lila non per amore, ma perché gli appartiene, perché lei è una cosa, un oggetto che non si è scelta bene il marito.
Scrivere la trama di Storia del nuovo cognome è idiota, perché succede di tutto, come nei fotoromanzi a puntate che una volte le donne compravano in edicola. Lenuccia va all'Università di Siena e continua la carriera accademica e Lila continua a non amare nessuno, a partire da se stessa. Anche Lenuccia si fidanza con uno studente a Siena, un altro "ricchione", uno che si preoccupa delle esigenze di Lenuccia, non fa l'amore se a lei non va. Poi c'è da chiedersi da dove viene nella Ferrante la fascinazione verso un uomo che, diciamolo, è un picchiatore, nell'immaginario un fascista. Perché la scrittrice ha bisogno di uomini così violenti e fascisti? Sembra un uomo che scrive (chi è la Ferrante? Un uomo o un uomo e una donna?) o, meglio, sembra un omosessuale masochista che si compiace della violenza maschile.
La Ferrante fa venire in mente l'ultimo libro di Parise, L'odore del sangue, in cui l'interprete vuole sapere della moglie come fa l'amore il suo giovane amante teppista, come ha il fallo, come lo usa, quante volte fanno sesso. Un diluvio di fallocrazia; nella Ferrante magari un po' meno, ma insomma il pene come misura del mondo e, al tempo stesso, il pene è l'accessorio di piacere delle donne maritate, quindi anche poca cosa, se vogliamo.
E infatti quando Lila tradirà il marito con Nino Sarratore, a Stefano scoccia più che l'abbiano penetrata, deflorata ai suoi occhi di marito, che lei non sia più una cosa sua (con Parise eravamo proprio, e scusate, nella "poetica del cazzo").
Perché i maschi siano così nella Ferrante non è dato sapere se non riferendosi ad una sua personale ossessione. Quando Lenuccia va in vacanza ad Ischia viene deflorata per la prima volata da Donato Sarratore, che fa anche il poeta della domenica e non è un cafone. Gli uomini della Ferrante o sono intellettuali e anche loro "scopano" (ma come le femmine, con sentimento) o sono "scopatori" e "camorristi". I Solara sono della camorra e girano con la macchina bella e Michele si vuole fottere Lila. Non se ne esce con la Ferrante. Nel libro precedente – La figlia oscura, del 2006 – Leda, una insegnante di lettere, va da sola in vacanza in un paesino del sud, viene aiutata da un vecchietto di nome Giovanni a portare le valigie nell'appartamentino affittato. Poi, qualche giorno dopo, Leda entra per prendere un caffè e ritrova Giovanni che la tocca, le fa le moine, mentre un gruppo di uomini vede quella intimità che fa pensare che i due abbiano "scopato".
Gli avvenimenti di Lenuccia: "Io che immagino tutta Ischia, i corpi avvinti di Nino e Lila, Stefano che dorme da solo nella casa nuova sempre meno nuova, le furie che assecondano la felicità di oggi per alimentare la violenza di domani. Ah è vero, ho troppa paura e perciò mi auguro che tutto finisca presto, che le figure degli incubi mi mangino l'anima... mentre Donato parlava sentii con chiarezza il ridicolo della sua voce impostata, la rozzezza del suo poetizzare, il liricume dietro cui si celava la smania di mettermi le mani addosso... mi penetrò. Sentii che lo faceva prima con delicatezza, poi con un urto netto e deciso che mi causò uno strappo nella pancia, una fitta subito cancellata da un ondeggiare ritmato, uno strisciare, un urtare, uno svuotarmi e riempirmi a colpi di desiderio smanioso"
(Una cosa del genere la si trova in un diario di un conte omosessuale che andava a Capri con tutta la sua brigata; ognuno poi si sceglieva il fidanzato napoletano per l'estate. Un testo anonimo dove si parla solo di falli, continuamente).
Elena Ferrante è pessimista, Napoli non cambierà mai, niente la farà cambiare, né la politica, né una buona amministrazione, gli intellettuali non servono a niente, i camorristi sono show per il tribuno Roberto Saviano, ma niente cambia. Tanto vale "fottere".