Il commissario Sanantonio è un dritto: il figlio di Philip Marlowe e dell’ispettore Coliandro, se mi concedete l’anacronismo storico-ananatomico. L’ho conosciuto per caso, online, e dopo aver letto Nespole come se piovesse chi lo molla più?
Dard ha scritto un romanzo giallo hardboiled partendo dalla tradizione del giallo francese (Simenon e il suo commissario). Azione, umorismo da duri, thrilling. In ogni capitolo succede qualcosa, in ogni paragrafo un passo avanti: un indizio, una battuta,
Non ci sono proprio dei riferimenti temporali precisi precisi, ma sappiamo che parliamo di Parigi, verso la fine della seconda guerra mondiale, o subito dopo. Le macchine, il vino, il café… la città, come ogni giallo che si rispetti, è una co-protagonista. Siamo a Parigi dicevo: il nostro eroe fa una capatina nel Louvre? Ovvio. Per caso passa anche da Versailles? Certamente
È un po’ un casinista, Sanantonio, corre da una parte all’altra della città ricercando indizi, trovando i criminali, li sfidandoli e venendo sfidato. A volte malmenato. Ma è uno che non si dà per vinto e picchia di brutto. Mi piace.
In questo romanzo riceva un incarico dal suo capo: ammazzare un collega, perché collabora con un boss italo-americano arrivato da poco a Parigi, Angelino. Un tipastro con la passione per gli esplosivi e le pietre prezioe… Ma per Sanantonio pensiero e azione sono la stessa cosa, meglio se dietro ad un bicchiere di vino, meglio ancora se per far cantare una testimone deve prima portarsela a letto (o sul tavolo!).
Insomma: belle donne, buon vino, scazzottate e un ritmo inarrestabile, le pagine scorro veloci e quando arrivo alla fine penso “E adesso?”. Beh, e adesso leggiamo il romanzo successivo.