Perché leggerlo
Autore: Silvana La Spina
Testata: D / La Repubblica delle Donne
Data: 17 novembre 2007
Perché è un grande libro, l’unico forse, insieme ai Promessi Sposi, che ci rappresenti per intero come paese, come popolo, persino come nazione. Perché è la risposta a quanti si chiedono come mai l’Italia non abbia un libro nazionale dove l’epos si unisca al ragionamento, alla passione, alla fede, e il cinismo ai grandi ideali. Ce l’ha avuto, in realtà, da un secolo e passa, solo che alla fine è un libro sgradevole, anche se prova letteraria grandissima.
Allora lo si è punito facendolo passare sotto silenzio, e se proprio bisognava parlare di un libro adatto a rappresentarci, noi italiani, noi siciliani, veniva preferito lo smilzo libretto del Gattopardo.
Lo si disse, I Vicerè, un libro sfortunato, farraginoso, tenebroso e fin troppo maligno: contro la Chiesa e la politica. E poi ambientato in una città di provincia, Catania, in una famiglia di alta aristocrazia, gli Uzeda Francalanza. Senza pensare che una città, e una famiglia, può essere il mondo e lo specchio del mondo: quello dell’Italia che si andava formando, con il virus d’origine di credersi ciascuno più furbo dell’altro; ciascuno con maggiori diritti ad aver fortuna, gloria, fama e denari. L’orgoglio, il grande motore di sempre, fissa infatti ogni personaggio in un’unica ossessione: chi il nome, chi i denari, chi la fede, chi un figlio mostro, chi un cadavere appeso nello scolatoio dei Cappuccini.
Ma sopra tutto nell’idea malefica che gli italiani sono politicamente un popolo da gabellare. Di conseguenza si dice nel romanzo: “Ora che l’Italia è fatta dobbiamo fare gli affari nostri”. Che adesso il film che Roberto Faenza ne ha tratto sdogani I Vicerè di Federico De Roberto e lo faccia diventare popolare, che lo ritorni finalmente al suo popolo, è il sogno di tutti quanti lo amano. E sarebbe certamente un caso di giustizia.