Con questo terzo libro Bartolomei dà una felice conferma delle sue doti creative e di una mano sempre più padrona di parole e personaggi. Come anticipa il titolo – che richiama anche l’omonimo brano delle Sister Sledge – la protagonista assoluta di questo romanzo è la famiglia. Una famiglia molto particolare, quella dei Santamaria: il papà Mario, insoddisfatto conducente di autobus della Capitale ed emulo di Elvis Presley, tanto da copiarne il look e l’acconciatura, sua moglie Agnese, casalinga e pasticciera a tempo perso, la figlia grande Vittoria, incapace di mantenere in vita qualsivoglia animale domestico e Almerico, Al, il figlio più piccolo, bambino prodigio e genio consapevole di dover trovare la propria strada per “salvare il mondo”.
I Santamaria hanno un sogno, ossia trovare una casa, anzi la casa, quella promessa, che è là fuori da qualche parte e che aspetta solo di essere comprata. Un sogno, appunto, perché per i Santamaria sembrano esserci soltanto abitazioni di passaggio o locali umidi e fuori mano, e la speranza che un giorno arrivi l’ultimo trasloco.
La leva su cui si regge tutto il libro è una ironia dilagante, che è sia una marca dello scrivere di Bartolomei, sia l’unica vera ricchezza della famiglia Santamaria, che tra indigenze economiche, meccanismi burocratici tutti italiani e rattoppi continui al suo ménage quotidiano riesce a non perdere quell’incanto e quella genuinità senza le quali non potrebbe che arrendersi ai fatti.
Il filtro narrativo scelto da Bartolomei per raccontare questa tragicomica saga famigliare anni ’70-’80 è il giovanissimo Almerico, ancora incontaminato dalle infelicità della vita. L’autore gli infonde il genio di un demiurgo un po’ introverso e pieno di buone intenzioni; e lo lascia libero in un testo apparentemente più leggero ma in realtà più complesso e maturo dei precedenti.
Al fa della sua famiglia un vero e imprescindibile mito, e della testardaggine degli affetti la sua più grande invenzione: solo attraverso di lui, infatti, quella dei Santamaria diviene una storia in cui tutto diventa possibile, dove “le opportunità” non sono un colpo di fortuna, ma si possono creare dal nulla, sconfinando spesso tanto nell’improbabile e nell’inverosimile, quanto nel realizzabile.