La Sicilia non è un luogo comune
Autore: Sergio Di Giacomo
Testata: La Gazzetta del Sud
Data: 11 aprile 2013
Due romanzi usciti quasi contemporaneamente, due finestre sulla letteratura di oggi, quella che non intende consolare e ammorbidire, ma che al contrario vuole mostrare, anche impietosamente, ma sempre col filtro dell'ironia e l'e fficacia della narrazione, i cortocircuiti della nostra contemporaneità, con la Sicilia che diventa simbolo e chiave di lettura d'un universo di finzioni, illusioni, inganni. E la stessa narrazione, allora, diventa groviglio di metafore surreali, portatrice (sana, però) d'a ssurdo. I due libri sono "Trinacria Park" di Massimo Maugeri, con la prefazione di Valerio Evangelisti (Edizioni EO, pag.232, euro 16), e "Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia" di Giuseppe Rizzo (Feltrinelli, pp. 288, euro
14). Per entrambi la Gazzetta ha sentito gli autori, mettendo a confronto due visioni così potenti, originali in qualche modo parallele. "Trinacria Park", di Massimo Maugeri, è un romanzo visionario, "contemporaneo", tra denuncia e fantapolitica, dove si incontrano finzioni e iperrealismo, quasi un manifesto di uno scrittore che, tra amore e odio, cerca una chiave di riscatto e di lacerante distacco dalla sua isola. Un romanzo in cui, come rileva Valerio Evangelisti nella prefazione, l'autore «accumula gli indizi dietro cui si nasconde la verità». Al centro della storia un parco tematico inaugurato in Sicilia, appunto il "Trinacria Park", come l'obiettivo di farne un'a t t r azione internazionale, un momento di entusiasmo per vip e uomini politici, che trovano però l'angoscia di incappare in un'epidemia che causa la morte di decine di persone, tra cui il presidente della Regione Siciliana. Il timore di un attacco batteriologico costringe l'isola alla quarantena: di fatto, la Sicilia diviene una prigione. Dentro questo buco nero da fantascienza s'inserisce il ritrovamento di un antichissimo carteggio contenente brani di un poema epico in greco antico che narra le vicende delle tre Gorgoni, figure mitiche (e particolarmente mostruose) che ritornano a intrecciarsi con le appassionanti vicende di tre donne, che compongono il "cast" della storia, che vede anche un attore balbuziente che deve fare i conti con una tragedia personale e le frustrazioni di una carriera che non ha mai preso il volo, un giovane e inquietante aiuto-regista dalle agghiaccianti manie, un anziano attore di teatro chiamato a svolgere in modo ambiguo il ruolo di direttore artistico del parco. Ne abbiamo parlato con l'autore, scrittore e operatore culturale catanese che collabora con le pagine culturali di riviste e quotidiani, autore del romanzo "Identità distorte" (Prova d'Autore, 2005) e, di recente, della raccolta di racconti "Viaggio all'alba del millennio" (Perdisa Pop, 2011). Maugeri è noto soprattutto Massimo Maugeri Giuseppe Rizzo (foto Penny Lane) per l'attività del suo blog letterario (letteratitudine.it), e conduce "Letteratitudine in Fm" su Radio Hinterland. Da questa esperienza sono nati due volumi di "Letteratitudine, il libro" (Azimut, 2008), e Historica, 2012). Da poco lo scrittore è stato nominato membro della giuria del Premio Strega. Come definerebbe in sintesi il suo nuovo romanzo? «In estrema sintesi potrei dire che "Trinacria Park" è un romanzo contro la menzogna. Ciò premesso, credo sia piuttosto arduo tentare di incasellarlo all'interno di un preciso genere letterario. Nella prefazione, Valerio Evangelisti ne parla come di un "oggetto letterario difficile da definire. Se la parte conclusiva ha l'a n d amento di un thriller, non somiglia affatto a un thriller. Non somiglia a nient'altro." Credo che abbia ragione. E forse questo è uno dei motivi per cui "Trinacria Park" esce nella collezione Sabot/Age delle edizioni e/o (una letteratura di "sabotaggio", contro – appunto – la menzogna). Massimo Carlotto, che è il curatore della collana, ritiene che sia importante, oggi, raccontare le contraddizioni e le falsità di questo nostro tempo dando spazio a ogni genere letterario. "Raccogliere voci, scritture, storie di qualita'", dice Carlotto "per dare spazio a una narrativa senza steccati di genere ma aperta ai contenuti" ». Cosa rappresenta il Trinacria Park, metafora di un'isola luna-park dove i politici diventa protagonisti e maschere di un mondo senza valori? «"Trinacria Park" è l'a p oteosi dell'apparenza e della mediaticità esasperata. È un sogno sognato da pochi a dispetto delle esigenze reali della collettività. È un grumo imbellettato di interessi contrapposti magistralmente dissimulati. È il trofeo di un marketing basato sulla spettacolarizzazione e sulla menzogna ». Quali possono essere le vie di fuga per ritrovare una Sicilia davvero aperta alla modernità e allo sviluppo intelligente, oltre i modelli consumistici e devianti odierni? «Non ho ricette da offrire, però ne approfitto per lanciare una provocazione (che è anche uno spot a favore della lettura). In occasione delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 il "forum del libro" ha proposto l'iniziativa "E/leggiamo" basata, tra l'a ltro, sull'invio di una lettera aperta ai candidati al Parlamento. Nella premessa del testo si ribadiva che "dove la lettura è abitudine più diffusa, in molti casi è anche più alto il reddito, è migliore la qualità della vita, la società è più coesa, sono maggiori la capacità di innovazione e la propensione alla crescita, è più forte la difesa della legalità, sono minori la corruzione, la criminalità e la discriminazione". La lettura favorisce lo sviluppo del senso critico. E dove il senso critico è più sviluppato, la menzogna ha più difficoltà ad attecchire. Questo, naturalmente, vale non solo per la Sicilia ». Con "Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia (Feltrinelli, pp.288, euro 14), Giuseppe Rizzo, scrittore e giornalista "girgentino romano", già autore di "L'invenzione di Palermo" (Giulio Perrone editore), s'immerge in una storia corale e trasgressiva, dentro le peripezie picaresche di un'allegra e grottesca brigata composta da Andrea detto Osso, Martina detta Pupetta, Marco detto Gaga, tre trentenni «senza grazia di Dio», decisi a tornare nell'isola natìa per scovare e eliminare le troppe assurdità quotidiane che l'avvolgono (le «minchiate » e i «pidocchi mafiosi»), che fanno della Sicilia una terra complessa, spesso incomprensibile, ma pur sempre magnetica. Un romanzo on the road che naviga su più fronti, dove non mancano visioni disincantate e irriverenti, tra discoteche avvolte da musica elettronica rock e tarantelle, l'impasto di «pupi, cannoli e templi greci», il mare d'agosto e le campagne riarse, riferimenti polemici a Montalbano, La Piovra e al "Il Gattopardo". Abbiamo chiesto all'autore alcune riflessioni sul romanzo (ringraziamo la Feltrinelli Point di Messina per la collaborazione). Come è nata l'idea del romanzo, che alcuni già considerano come un manifesto dell'antisicilianità in senso stretto? Cosa vuoi dire con la frase "La Sicilia non esiste"? « "Piccola guerra lampo" nasce dalla voglia di cannonare allegramente molte delle immagini sulla Sicilia che mi porto appresso da tempo. Letture, film, musica: l'isola schiava del suo destino, pupi e pupari mitizzati, la decadenza guardata con romanticismo. È un modo di raccontare (e raccontarsi) questa terra che mi stomaca. Perciò il libro si apre con la frase: «La Sicilia non esiste». È un modo per dire: la Sicilia dei mille luoghi comuni è una minchiata, e dannosa, perché comoda, e quindi paludosa ». Il ritorno dei tre protagonisti dell'isola è un segno di ribellione o anche un segno di un legame imprendiscibile con le radici? «La parola "radici" a me fa venire l'orticaria. Il mio legame con la Sicilia si regge sull'affetto per la mia famiglia e le persone a me care, e certi posti, certi fantasmi, certi ricordi. Nella parola "radici" molti nascondono un ricatto: mai tagliarle, moriresti tu e la terra in cui sei nato. Non penso sia così, non nel 2013, non con il mondo a qualche ora di volo low cost, e così piccolo, e così bello. Osso, Gaga e Pupetta ritornano perché non sopportano le minchiate, e nel loro paese ne stanno succedendo parecchie, non per nostalgia, non perché abbiano la vocazione all'eroismo da patacca ». Lo sberleffo può essere la risposta alla disperazione dei siciliani e degli italiani di oggi? «No. Questo romanzo è pieno di sberleffi, ma sono tutti modi per calare le braghe ai molti re infami che lo popolano. L'oggetto della satira, se è buona, è sempre il potere: quando sale in cattedra per guarire il mondo lo fa sedendosi di fianco al potere, e di solito si contano lacrime, non risate. Della disperazione si deve occupare la politica, non bisogna lasciarla ai comici o ai talk pomeridiani e serali». Che speranza ci sono per i giovani costretti ad andare via? «Quella di poter ritornare se lo vogliono, di restare nei luoghi dove lavorano amano si disperano se lo preferiscono. Lo dico con un grande affetto: rischiamo di rimanere fottuti in entrambi i casi. Ma viva il futuro».