"Trinacria Park", una disneyland da fantapolitica
Autore: Salvatore Ferlita
Testata: La Repubblica / Palermo
Data: 31 marzo 2013
Si chiama Trinacria Park uno dei più grandi progetti mai realizzati in Europa, probabilmente il parco tematico più esteso e singolare (la sua ampiezza è di ventiduemila ettari), ospitato dall’isola di Montelava, un triangolo di terra che sorge di fronte all’Etna (a venti chilometri dal litorale: una sorta di inquietante doppio della Sicilia, per intenderci). Destinata a diventare uno dei maggiori poli turistici del pianeta: così almeno nelle parole entusiastiche, al limite dell’iperbole, di Remigio De Curtis, presidente della Regione invasato sino all’inverosimile e parte in causa, assieme ad alcuni magnati statunitensi, per il fatto di avere dirottato sul faraonico progetto una fetta importante dei fondi europei che transitano dal programma operativo regionale. Questo, in sintesi, l’antefatto del nuovo romanzo di Massimo Maugeri, “Trinacria park” appunto (edizioni e/o, 230 pagine, 16 euro, prefazione di Valerio Evangelisti). Animatore culturale indefesso (a lui si deve il blog “letteratitudine”, tra i più seguiti e influenti del panorama odierno), già autore di una apprezzata raccolta di racconti, Maugeri, nel rappresentare De Curtis, oppure Fausto Grossi, senatore ed ex ministro dello sviluppo, ha fatto tesoro delle parole di George Orwell: “Il linguaggio politico è concepito in modo che le menzogne suonino sincere e l’omicidio rispettabile, e per dare una parvenza di solidità all’aria”. Non solo il linguaggio politico, viene da aggiungere: anche quello di chi fa del marketing l’unico credo ammissibile. A fare da cassa di risonanza alla nascita di questa Disneyland insulare (concepita per rappresentare dal vivo i grandi eventi della storia della Sicilia, dalla strage di Portella della Ginestra allo sbarco dei Mille, tanto per dirne due), il ritrovamento di uno scrigno con dentro alcuni papiri in greco antico, databili intorno al II secolo a.c., che narrano le vicende delle tre Gorgoni, alle quali è dedicata una piccola area del parco. E tre Gorgoni contemporanee sono Marina Marconi (giornalista giovane ed eroica), Angela Metis (attrice fascinosa e brava) e Monica Green (direttore generale del parco), alle prese con una serie di eventi e, soprattutto, complicazioni vorticose: tra le tante, un’epidemia di colera che semina morte (a lasciarci la pelle, c’è pure il presidente della Regione, in forza di un anti-politico contrappasso) e terrore, liquidata immediatamente quale attacco batteriologico di una cellula di integralisti islamici. A completare l’affollatissima scena, un attore balbuziente schiacciato dalla zavorra dei rimorsi, un direttore artistico del parco, di anagrafe isolana, che però odia visceralmente i siciliani, un regista dagli occhi di diverso colore e dalle agghiaccianti manie. Manco a dirlo, la situazione, rutilante e trionfalistica all’inizio, lentamente si fa farraginosa e indomabile. Dominata, sin dall’inizio, da una sorta di universale correità: un irrefrenabile concorso nel reato di alterare la realtà, di mascherare i sembianti, per recitare la parte peggiore: quella dei truffaldini impenitenti, dei beati impostori, che agiscono in un luogo travestito da altro luogo. Che nascondono la malafede e il malaffare, il malcostume e il malgoverno sotto strati millenari di incrostazioni menzognere. È stato davvero bravo Maugeri a dar forma, attingendo a piene mani al ricco serbatoio del mito, a un apologo amaro e metamorfico sul tragico destino dell’Isola, con un risultato sorprendente e apparentemente paradossale: quello di un iperrealismo forse senza precedenti.