Si chiama escapismo ed è un concetto affascinante, ricco di implicazioni: secondo i sociologi corrisponde a un forte desiderio di fuga, al tentativo estremo di allontanarsi dalla realtà in cui si è abituati a vivere. Può essere una fuga fisica o metaforica, una ricerca attiva o una rinuncia confusa alle regole della quotidianità.
Demián, quarantenne professore di Medicina presso l'Università di Buenos Aires, si sente proprio così, un escapista: il desiderio di allontanarsi dalle responsabilità cui si sente legato e la necessità di mettere ordine alla sua scardinata vita sentimentale e professionale sono forze che lo trascinano, rendendolo incapace di capire fino in fondo quello che sta facendo, dove sta andando e con chi. È un insicuro cronico, nonostante sia desiderato dalle donne, nonostante la calorosa vicinanza dei familiari e degli amici e la consulenza quasi paterna del suo psicologo Jorge: più che uno psicologo quasi un vero e proprio "dispositivo di conforto", dispensatore di consigli ad hoc e di storie esemplari.
Presto le ambizioni professionali di Demián entreranno in conflitto con i suoi desideri sentimentali. Dopo essersi lasciato con l'ex moglie Gaby conoscerà la saggia ed enigmatica Paula, di cui si innamorerà fulmineamente. Il suo rapporto d'amore con lei rischia però di essere compromesso da una scelta di vita che sembra metterlo finalmente di fronte ad un aut-aut: la possibilità di trasferirsi in Brasile, laddove gli è stato offerto un prestigioso posto di lavoro come nefrologo, oppure quella di restare a Buenos Aires. Quest'ultima scelta gli farebbe perdere l'occasione professionale della vita, permettendogli però di mantenere saldo il rapporto con Paula, per nulla intenzionata a trasferirsi in Brasile con lui. In ogni caso, non è più il tempo dell'insicurezza. Una strada deve essere presa, con tutti i rischi che questo comporta. E Démian va in Brasile, nella speranza che Paula, così chimerica ai suoi occhi, non lo abbandoni, che la scelta di non seguirlo sia frutto di un naturale pragmatismo e non di una disaffezione o di una indifferenza di fondo nutrita nei suoi confronti. Ad aiutare Demián, in questa ed altre scelte, sono le storie: i racconti del fedele psicologo-confessore Jorge e, talvolta, quelli narrati dai suoi amici. Sono racconti di enorme saggezza, attinti da leggende chassidiche, da storie sufi e da narrazioni che appartengono alla tradizione letteraria europea. Storie colme di messaggi etici ed esistenziali che aiutaranno Demián ad abbandonare prese di posizioni acritiche e che gli consentiranno di capire meglio sé stesso e gli altri.
Jorge Bucay è un personaggio singolare: romanziere, medico e psicologo, autore conosciuto (solo parzialmente in Italia) per alcuni brevi volumi dedicati alla ricerca della felicità ed improntati sul concetto di self-efficacy. Il protagonista (il cui nome è un probabile omaggio alla figura dell'inquieto adolescente dell'omonimo romanzo di Hermann Hesse) e lo psicologo Jorge sono le due facce dell'autore, eppure la cosa migliore da fare per poter godere di questo romanzo è quella di non cercare parallelismi o sterili doppi sensi tra letteratura e realtà. Il personaggio di Demián rappresenta, quasi archetipicamente, una figura comune nei nostri giorni: quella dell'uomo di mezza età, confuso dalle offerte della vita e nel costante bisogno di una "terapia". La terapia di Demián coincide con le storie che gli vengono raccontate per farlo sentire meno solo: queste gli insegneranno che l'apparente assurdità della vita può essere smontata da un modo capovolto di osservare le cose e che, per arrivare a questo risultato, non è sempre necessaria la saggezza. A volte basta un po' d'ironia.