Dorotea Giglio ha 25 anni, una madre probabilmente depressa, un padre che non ha mai conosciuto, un fidanzato che l’ha lasciata. I suoi polsi sono segnati, il suo corpo è sotto terra ma i suoi pensieri narrati al futuro. Dorotea ha scelto la morte ma ha trovato un’altra esistenza: quella che continua nonostante non ci sia un corpo a sostenerla. In un’eternità in cui si dialoga, si viaggia e si ama, il suo spirito osserva e racconta, con tristezza e saggezza, il mondo dei morti e quello dei vivi.
“Cuore Cavo” è il secondo romanzo di Viola Di Grado, giovane scrittrice catanese, vincitrice del premio Campiello Opera Prima nel 2011 con “Settanta acrilico trenta lana”. Le atmosfere cupe, la necessità disperata di comunicare e amare- elementi che colpiscono subito del suo romanzo d’esordio- tornano protagoniste anche in questa nuova opera. La storia di Dorotea appassiona, commuove, sorprende: osserviamo il mondo attraverso i suoi occhi, la seguiamo nella scoperta di tutto ciò che avviene da quando il suo cuore smette di battere. Il silenzio della fine, cercato tramite il suicidio, diventa insopportabile una volta arrivata nell’ aldilà. Dorotea continua a frequentare la sua casa, ad andare al lavoro, a dormire accanto a sua madre, ma tutti questi gesti non hanno più valore: le persone che ama non possono accorgersi di lei e tutto si ripete senza uno scopo. Il mondo va avanti e lei può semplicemente guardarlo, accorgersi della sua mancanza, provare nostalgia per ciò che ha lasciato, non potendone mai più essere veramente partecipe. Mentre le sue spoglie vengono piano piano disfatte dal tempo e dagli insetti, Dorotea comprende il vero significato della vita e ne scopre l’importanza: ormai però l’ha già persa.
Nel suo stile originale, incalzante, ricco di figure retoriche e immagini- che può piacere o infastidire-Viola Di Grado dà una visione personale del cammino dell’anima dopo la morte terrena. “Cuore Cavo” si legge d’ un fiato: è sicuramente meno graffiante e oscuro di “Settanta acrilico trenta lana”, ma comunque notevole. Nonostante i rimpianti, la sofferenza e i ricordi dolorosi, alla fine si scorgono una luce e una speranza, e si impara ad avere meno paura: paura di vivere davvero.