Da ragazzo, Nan Aurousseau faceva il rapinatore. Con qualche anno in più sulle spalle, lo ritroviamo carcerato. Succede, a quelli che si fanno beccare. E, contrariamente a quanto si possa pensare, sono la maggioranza. Uscito dopo sette anni, con tante letture e un mestiere appreso in prigione, l'idraulico, neanche troppo infame, si trova a riparare i tubi marci della piccola casa di periferia di Jean Patrick Manchette.
Niente di strano, direte. Non fosse che Manchette è stato il più grande autore francese di polar del secolo passato, l'insuperato maestro del noir politico francese, l'autore di Posizione di tiro, Nada e di tanti altri capolavori. A Manchette il nostro idraulico letterato osa confessare il suo sogno segreto. Scrivere. Manchette è prdigo di consigli. Gli piace quel proletario tarchiato che sta cercando di esorcizzare un'antica violenza attraverso le pacifiche armi della cultura.
Aurousseau fa strada. Diventa sceneggiatore, e anche regista. Ora, infine, romanziere. Questo suo lungo racconto d'esordio è un esempio quasi perfetto di come ormai, in tutto il Mediterraneo, il noir sia il modo migliore per parlare d'altro.
Trama esile, scrittura nervosa e alta, tipi umani a bizzeffe: la lotta, qui, non è tanto tra il Bene e il Male, fra la giustizia e il crimine. No. La lotta, qui, è fra un uomo decisamente schizzato che tenta in tutti i modi, e con l'aiuto di una donna energica e intelligente, di sopravvivere alle tare che si porta dentro, e quella vera, autentica carogna chiamata Vita. Con le sue illusioni perdute, le sue occasioni mancate, le sue perfidie esagerate, i suoi splendori e le sue miserie. Dove, spesso, ciò che è autentico appare letterario, e ciò che è letterario ti cattura per la sua autenticità. Come nella vita, quella vera, dell'autore.