DC ieri e oggi, storia dei senza morale
Autore: Fabrizio d'Esposito
Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 28 gennaio 2013
Dice Alessandra Fiori: "Ho vissuto per anni con un'etichetta di cui ho sofferto. Per me è pazzesco aver scritto questo libro". La sua follia è stata quella di "calare" il papà Publio, già dc andreottiano poi ministro di An, in un romanzo magistrale sul potere. Romanzo democristiano, l'ha definito tout court Filippo Ceccarelli su Re p u b b l i ca . Il titolo fa il verso a Flannery O'Connor, "Il cielo è dei potenti", e racconta che cosa è stata davvero la Dc in questo Paese: il potere per il potere. Se nell'immortale Todo modo di Leonardo Sciascia il male democristiano perde la sua invisibilità tra enigmi e citazioni gesuitiche, nel libro della Fiori mostra tutta la sua orrenda nudità: il voto per i direttivi dc truccati nei bagni delle sezioni, scambiando le urne; gli appalti e le tangenti; le liste elettorali o dei ministri modificate pochi secondi prima della consegna, per silurare gli avversari; le finte telefonate fatte davanti agli amici che chiedono nomine e favori; le cene elettorali con i compari; la guerra spietata tra le correnti. Il cielo che descrive la Fiori, giornalista e scrittrice, è quello sopra Roma, ovviamente, e Claudio Bucci, il protagonista, lo tocca arrivando da Fiano Romano. In questo sistema l'unico che "non si poteva fottere" è De Santis, cioè Andreotti, icona delle tenebre democristiane.
Suo padre si è arrabbiato?
Al contrario, si è divertito tantissimo. È una persona ironica come tanti vecchi democristiani. Questa però non è la sua storia, non volevo che lo fosse.
Ma Bucci lo ricorda in dettagli fondamentali. Il primo: l'attentato delle Brigate Rosse negli anni di piombo: "Undici colpi di odio".
Scriverlo è stato una sorta di esorcismo. A mio padre non ho chiesto nulla. A casa non se ne parlava mai ma l'ho sempre saputo. Sull'attentato ho letto e riletto cento volte un articolo di Natalia Aspesi sull'Europeo .
Bucci si iscrive alla P2, come Fiori.
Una sentenza ha escluso l'appartenenza di mio padre alla loggia di Gelli, ma non tocca a me difenderlo. Bucci è un personaggio che attraversa tutta la Prima Repubblica ed è lo specchio di quello che siamo stati. L'Italia ha un dna democristiano, nel bene e nel male. Soprattutto nel male. L'Italia è un Paese senza morale. Quel sistema di potere era ignobile ma più affascinante dell'attuale. E loro, i dc, si divertivano di più. Che cosa fregava ad Andreotti di fare bunga bunga? Per lui il potere era il vero bunga bunga, non i soldi o il sesso. A lui bastava essere Andreotti.
Colpisce che lei, a soli 35 anni, abbia descritto quel sistema in maniera così realistica.
Il linguaggio di quella gente l'ho sentito, è inevitabile. Avevo otto anni quando i miei mi hanno portato in campagna elettorale. E una sera andammo a cinque cene, ognuna con un compare.
Nonostante i nomi di fantasia, si riconoscono Sbardella, Pomicino, Donat Cattin, Emilio Colombo e tanti altri. Sono personaggi che oggi si sentirebbero male a parlare di spread.
Ammetto di provare un po' di nostalgia. Oggi il partito è una sola persona.
Bucci è una metafora, non un padre.
Bucci arriva dalla provincia ed è affamato. Non vuole fare l'avvocato di paese come suo padre. Roma per lui è Montecitorio, la corruzione, una poltrona dopo l'altra.
I figli di Bucci però snobbano i doni che invadono la casa.
I regali sono il simbolo del potere. Più sale in alto, più riceve regali. I figli se ne sbattono e quando il padre vede la scena capisce che ha vinto la sua battaglia: ha cresciuto due stronzi che non hanno fame.
La parabola di Bucci si conclude con l'avvento di Moroni, cioè Berlusconi. Diventa ministro con i postfascisti di An, come Fiori.
A Roma sono andata al Mamiani, storico liceo di sinistra. Nel '94 mio padre divenne ministro dei Trasporti e della Navigazione e i miei compagni mi buttarono nella fontana: "Così inauguri i traghetti di tuo padre". Anche se era uno scherzo ne soffrivo silenziosamente. In bacheca mettevano la sua foto, ma non avrei mai sopportato di andarmene.