"Tre, numero imperfetto" di Patrizia Rinaldi
Autore: Bruno Elpis
Testata: malgradopoi.it
Data: 10 gennaio 2013
Dalla quarta di copertina Maurizio De Giovanni definisce la scrittura di Patrizia Rinaldi “sinuosa, morbida e affascinante” e la storia “un romanzo di genere fuori dal genere”.
Il genere in questione è il giallo – come del resto la presentazione di De Giovanni lascia presagire – visto che la vicenda consiste nel far luce su un-due-tre delitti ad opera di un team investigativo composto da un-due-tre personaggi.
I delitti
“… Hanno trovato il corpo di Jerry Vivaldi allo stadio San Paolo, in posizione fetale, ficcato in un angolo della rete della porta. Stringeva tra i denti un pezzo d’erba”.
Jerry Vivaldi è un cantante di successo, principalmente grazie a una canzone nazional-popolare: “Tu, solo tu, sei tu”, il titolo la dice lunga sul genere. Le canzoni di Jerry sono opera di Marialuigia Moreno (“… mi firmavo Gatta Mignon, un nome d’arte che ha voluto lui. Non lo userò più, e non scriverò più canzoni”), personaggio ambiguo che non esita a violare i sigilli dell’appartamento sequestrato per le indagini.
La figura del cantante è losca: donnaiolo impenitente (“Convocava le sue amanti ai concerti, e a ognuna dedicava sguardi e canzoni”), sembra invischiato in un circuito di traffici illeciti di droga, gioco clandestino e riciclaggio del denaro.
Al commissariato sfilano le sue numerose amanti (l’assassino è tra di loro o va ricercato negli ambienti malavitosi?), tra le quali Julia Marin, la seconda vittima. Assassinata come Jerry, ma al Bentegodi di Verona.
Il terzo delitto è quello del custode Gioacchino Rizzo, forse testimone del primo omicidio.
Gli inquirenti
Oltre al commissario Martusciello (“Il poliziotto comune, che non corrompeva puttane di ogni genere e di ogni bene, che non bestemmiava, che non voleva fare il moderno, che girava con la pistola scarica, che aveva avuto due possibilità: la malasorte o la Pubblica Sicurezza”) e all’ispettore Liguori (“… faceva parte dell’aristocrazia napoletana di secoli di sobrietà e prestigio”) c’è lei, la vera primadonna del team. Blanca. La sovrintendente. Ipovedente (“Aveva perso gran parte della vista e molto altro a tredici anni in un incendio”), sopperisce al deficit visivo con altre doti: “I sensi rimasti si erano affinati. Blanca dominava competenza di suoni, di odori e di tatto”.
Lo stile
Lo stile di Patrizia Rinaldi è davvero particolare: anticonvenzionale nel registro narrativo, contamina perfino i dialoghi. E si impenna in alcune descrizioni al limite dell’impressionismo (“Alcuni dettagli di fiori sopravvissuti alle pietre e alle minacce estive gli diedero riposo dall’astrazione”).
La storia rappresenta una bella novità della narrativa italiana tinta di giallo, soprattutto per le modalità allusive e sfumate con le quali viene raccontata: al di fuori di uno dei canoni del giallo classico. Quello secondo il quale la soluzione deve essere chiara e inequivocabile, in modo da lasciare il lettore senza dubbi e interrogativi finali.