Non credevi che il paradiso fosse solo lì al primo piano
Autore: Elisa Da Rin Puppel
Testata: Bello2Buono
Data: 18 dicembre 2012
Genova, dicembre 2012, cammino per le strade del porto lasciandomi avvolgere dai profumi di spezie e dai sapori di cibi medio-orientali misti all’olio di pane genovese. Sono gli stessi aromi che caratterizzano l’atmosfera del B&B dove alloggio, MentaeBasilico. Spezie e piante aromatiche mi portano con la mente al Giardino di Majorelle a Marrakesh, e invece mi trovo in una via di una citta’ italiana di mare dai forti sapori, nella Via per eccellenza: Via Del Campo, ove risuonano ancora la voce di De Andre’ e i passi di quella bimba che sale le scale e che basta prenderla per la mano, se di amarla ti vien la voglia.
Le note del cantautore genovese mi richiamano alla mente Enrica, la bimba che suona nella banda del quarto racconto di Sinistri, e mi ricordo che è ora di prendere la pillola n. 4 e seguire la mia Sinistri Theraphy. Anche il quarto racconto La Bellezza, per coincidenza o fatalità, inizia con una citazione di De Andre’:
“Per quanto crediate di esser assolti, siete sempre coinvolti”. (Canzone del Maggio)
Nel mio immaginario Enrica, la protagonista, ha gli occhi di una bambina ritratta dal fotografo Steve McCurry (in mostra al Palazzo Ducale di Genova fino al 24 febbraio 2013), grandi e pietosi, come se gridassero di lasciarla in pace, di non toccarla. Mi percorre un brivido nel pensare che qualcuno possa osare di prendere una bimba per mano e lacerarle l’animo, per sempre.
In Sinistri questi “qualcuno” sono uomini di Chiesa, sui quali da secoli verte la condanna di pedofilia. Il fatto di Enrica viene portato all’attualità da un membro della Banda dei Nove, Nicola Tavigliani, noto come l’Hacker, il quale si impegna nello smascherare le corruzioni della Chiesa con video hard on-line. Il tema è scottante:
Chiesa-Internet-Corruzione
Pochi giorni fa Papa Benedetto XVI è entrato a far parte della cerchia di Twitter esordendo con un «È con gioia che mi unisco a voi». I brividi mi percorrono di nuovo.
Non dovremmo essere forse noi ad unirci alla Fede e non la Chiesa ad unirsi a noi?
Ma lascio la parola al nostro caro Tersite Rossi, il quale ricordiamo è un ottimo giornalista di cronaca e critica attuale. Sicuramente avrà delle opinioni più chiare e decise su questo dissidio fedele-Chiesa che attanaglia il nostro tempo, il passato e anche il futuro che verrà.
Innanzi tutto, è necessario evitare le generalizzazioni. La Chiesa non è un’istituzione sacra – ovvero “intoccabile” nel senso etimologico del termine – ma non è nemmeno un’associazione a delinquere. È un’istituzione, punto. E in quanto tale rientra a tutti gli effetti nella realtà umana, con le sue luci e le sue ombre. Val la pena ribadire questo concetto: nel momento in cui la Chiesa è sorta come tale, è anche entrata all’interno della realtà sociale ed ha assunto la medesima forma di qualsiasi altra organizzazione umana. La secolarizzazione della Chiesa non è mai cominciata, perché la Chiesa è – di fatto – un ente secolare fin dalla nascita, poiché è umana tra gli umani. E come tale ha una sua gerarchia, una linea politica, una struttura economica, una dialettica interna, un regolamento. E naturalmente ha degli esponenti, che non si sottraggono in nulla al balletto di vizi e virtù che caratterizza gli uomini. Corruzione compresa. Pedofilia compresa. Benché questo pensiero ci faccia rabbrividire.
Cambiando piano e venendo al tuo stimolo sulla svolta tecnologica di Papa Ratzinger, ribadiamo lo stesso concetto: un papa che utilizza twitter non scandalizza, né impressiona, poiché è assolutamente naturale che decida di farlo, al pari di qualsiasi altro rappresentante di un’istituzione. Pure il sacerdote, presente nel racconto di “Sinistri”, che pontifica contro la blasfemia sessantottina è coerente fino in fondo, poiché recita il suo ruolo di agente sociale, cioè di portatore di una serie di valori da difendere rispetto ad un avversario che li mette in discussione.
Cosa c’è, dunque, di strano nell’agire della Chiesa (o, meglio, delle Chiese)? Nulla. A parte un dettaglio: la trascendenza. La Chiesa in qualità di organizzazione umana non può pretendere di essere trascendente, poiché qualsiasi cosa trascendente va oltre l’umano, e dunque oltre la stessa Chiesa. Come potrebbe, dunque, essa andare oltre se stessa? Il goffo tentativo di tendere un ponte tra il finito e l’infinito attraverso un’istituzione si sbriciola nel momento stesso in cui comprendiamo che anche quell’istituzione è finita, ovvero umana. Per questa ragione il vero scandalo si manifesta nel momento in cui la Chiesa presume di uscire da sé e di diventare proiezione della volontà divina. L’infinito non segue le regole del mondo, ma persegue strade del tutto sconosciute e inconoscibili. Ogni tentativo di razionalizzazione del divino è un artificio retorico, al più utile per consolidare la propria posizione di potere (potere tutto umano, fra l’altro), come da secoli ha fatto la Chiesa. Ratzinger non si è unito a noi con un tweet, perché è sempre stato unito a noi in quanto uomo.Il divino, invece, può davvero unirsi a noi perché ci trascende, ci supera. Quando questa unione avvenga e con quali modalità non è dato sapere. L’incontro con l’infinito è un’esperienza che ci coglie impreparati. Arriva, punto. Senza bisogno di intermediari o regolamenti.
Enrica (la protagonista del racconto) fa esperienza nel finale del divino e ne rimane sbigottita, perché va oltre la sua logica (la trascende, appunto). Non è un caso, del resto, che il più radicale incontro con il divino nel mondo greco prendesse il nome dal dio della natura più profonda e primordiale (precedente alla società stessa), ovvero Pan. Da cui il nostro “panico”, lo sconcerto che proviamo quando il ponte tra infinito e finito è gettato e noi non ci camminiamo sopra, ma ne siamo le inconsapevoli assi portanti.
E dopo tali parole, non ci resta che tacere, riflettere, e ingoiare questa quarta pillola. Forse un pò amara, ma ogni tanto ci sta.
A martedì prossimo, con la pill n.5…all’alba con la Sinitri Therapy!.