“Ragazze, cappelli e Hitler”: due parole, in questo titolo, ci riportano ad un passato lontano- Hitler e cappelli. Hitler significa nazismo, seconda guerra mondiale, sterminio degli ebrei, campi di concentramento, distruzione e morte in tutta Europa. Sappiamo tutti che cosa sono i cappelli e tutti li usiamo per ripararci dal freddo o dal sole. Molto più raramente (eccezione fatta per regine e principesse) per accompagnare un abito. Negli anni trenta di cui ci racconta Trudi Kanter i cappelli erano, invece, indispensabili per completare l’eleganza femminile. Una signora (e non mi riferisco al suo essere sposata o no) non era tale senza cappello e guanti. Da qui i negozi di cappelli (modisterie) e il mestiere di ‘modista’.
Trudi Kanter è una modista con una raffinata clientela nella Vienna degli anni ’30. Ha già un matrimonio alle spalle, pur essendo molto giovane, anche se non ha ancora chiesto il divorzio ed è in ottimi rapporti di amicizia sia con l’ex marito sia con la sua famiglia. Nel 1938 conosce Walter Ehrlich, un brillante uomo d’affari. E’ amore a prima vista per entrambi. Ma...sono entrambi ebrei, il 13 marzo 1938 le bandiere della Germania nazista sventolano a Vienna, il 15 marzo Hitler dichiara che l’Austria fa parte integrante della Germania. A chi ha capito come tiri il vento e non si fa illusioni, il futuro appare carico di nubi nere. Oggi noi sappiamo che si preparava una catastrofe peggiore ancora di qualunque immaginazione.
La storia di Trudi e di Walter (il libro è dedicato a lui: “Walter, amore mio. In sua memoria”) è una storia d’amore in tempo di guerra, una storia di coraggio ma anche di ottimismo (necessario per non abbattersi), di capacità individuali e anche di fortuna, di tradimenti ma anche di aiuti generosi. Perché tutte queste cose furono necessarie a Trudi e Walter per riuscire ad arrivare a Londra e farsi raggiungere, in seguito, dai genitori di Trudi. Trudi sapeva giocare bene le sue carte: il suo lavoro l’aveva già portata all’estero dove aveva delle conoscenze a cui poter chiedere aiuto, era bella (il che non guasta quando si deve chiedere un piacere, o spingere avanti una pratica), era ricca (suo padre era gioielliere e lei stessa guadagnava più che bene come modista con un suo proprio atelier).
La fortuna di Trudi fu, prima di tutto, l’aver capito che non c’era tempo da perdere, che bisognava cercare subito certificati di garanzia presso parenti o conoscenti in Inghilterra, per quanto questo potesse risultare loro spiacevole. Chi non si comportò così, continuando a pensare che era esagerato avere tanti timori, finì nei campi di sterminio (tutti i parenti di Walter che li ospitarono a Praga nella loro sosta prima di giungere a Londra, morirono a Theresienstadt).
Trudi non ci racconta solo della fuga da Vienna, di quei giorni fatti di code davanti agli sportelli, di pratiche andate perse per ottenere i visti di uscita, di ore di paura aspettando Walter che non era tornato, immaginando scenari terribili. Ci racconta di una Vienna prima e dopo, perché forse per nessun’altra città il cambiamento fu più drastico. La Vienna di prima viveva ancora nell’atmosfera elegante dell’Impero austro-ungarico- era la Vienna del valzer, dei caffé dove degustare la Sachertorte che si scioglieva in bocca, delle passeggiate al Prater. La Vienna di dopo echeggiava del passo cadenzato degli stivali, era ammantata da bandiere con la svastica, vedeva ebrei obbligati a lavare i marciapiedi in ginocchio. Il racconto di Trudi si sposta avanti e indietro nel tempo, perché abbandonare la città che ama vuol dire anche lasciarsi indietro anche tutti i ricordi.
“Ragazze, cappelli e Hitler” è una narrativa incalzante e brillante dove la vena vivace dell’autrice smorza il tono del dramma. Mi sarebbe piaciuto sapere di più su Trudi Kanter. Per esempio mi sarebbe piaciuto sapere la sorte di questo libro pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 2012. Trudi Kanter è morta nel 1992, Walter l’aveva preceduta nel 1960: perché queste pagine ci giungono solo ora? Neppure internet mi ha aiutato per saperne di più, lasciandomi piena di dubbi.