Claudio Morici con “L'uomo d'argento” immagina il crollo del sistema economico Occidentale. Nel romanzo si racconta di un mondo dove i valori della nostra società sono tutti sovvertiti.
Questo romanzo di Claudio Morici, L'uomo d'argento (ed E/O, 16 euro) è una divertente distopia (utopia negativa) su un mondo all'indomani del crollo del sistema economico occidentale. L'autore immagina che quel che stava per succedere sia avvenuto una buona volta, e che i fuggiaschi si ritrovino a vivere in una fantomatica “città” mai nominata, dove i valori sono tutti sovvertiti. L'io narrante, personaggio anch'esso senza nome, conosce già le nuove regole, è cioè “uno del posto”, ma si trova ad avere a che fare con i cosiddetti “appenarrivati”.
Lui vive in coabitazione con altri abitué. Su quali presupposti si regga la città non è chiaro, se non che qualcuno cerca di scroccare qualcosa agli altri, in particolare proprio agli “appenarrivati”. E' un mondo perennemente in festa, dove si beve birra e si parla di birra, e dove ogni argomento serio è bandito. Nessuno lavora. Che vogliono i vecchi abitanti dai nuovi? “Farsi offrire da bere, da mangiare o una prestazione sessuale occasionale (…) Li facevano sorridere dopo anni e anni di sofferenza, gli davamo la speranza di un mondo migliore, mentre loro ci facevano due palle aerostatiche. Chi ce lo faceva fare? Avevamo impiegato anni per consolidare uno stato mentale feliciotto, stabile e duraturo. Anni e anni a non fare niente, a ridere tutto il tempo, a drogarci giorno dopo giorno. Ora arrivavano questi e che diavolo pretendevano?”.
Il luogo di ritrovo per tutti è il Paradiso Terrestre, una discoteca dove scorrono alcolici a fiumi e ci si accorda per qualche momento di sesso facile. Nessun impegno, nessuna responsabilità.
Aleggia su tutto e tutti un generico umore “allegretto”. Si passa la maggiorparte del tempo a salutarsi e sorridersi, ma guai a far troppe domande. I cittadini si preoccupano soltanto di mantenere un atteggiamento di “equilibrio/benessere” accettabile.
Il protagonista in particolare prova ammirazione per quello che ha ribattezzato il Maestro, un individuo che passa tutte le sue giornate, immobile e atarassico, seduto su una panchina, tutto truccato e verniciato d'argento come certi artisti di strada che si fingono statue. L'uomo d'argento non dice una parola, sembra aver raggiunto uno stato di perenne apatia.
Il libro di Morici si può forse classificare in un genere di cui forse fa parte anche il romanzo dell'americano Gary Shteyngart, Storia d'amore vera e supertriste, ambientato in una futuribile New York molto vicina al collasso e per certi versi già collassata. La fatuità ha avuto il sopravvento.
Nella città di Morici si passa il tempo in gare a chi cade di più sotto l'effetto dell'alcol, a chi vomita di più, a chi sta per più tempo appiccicato al muro. Il nulla emotivo viene perseguito accanitamente. Perciò non c'è posto per l'amore, ma solo per la sua negazione.
Una certa Noemi, all'inizio del libro, si vanta di aver trovato il rapporto perfetto con il ragazzo a cui non pensa mai. “Non mi succedeva da anni di non amare così tanto” esclama giuliva.
Anche il protagonista si infila in una relazione paradossale con una ragazza americana. Jenny, la quale sembra trovarsi a suo agio in particolare nel manicomio cittadino. I due si amano oppure no?Mentre fanno sesso lui pensa, non senza rincrescimento, ai pochi minuti che mancano alla fine dell'happy hour.
Ma forse un po' di bene se ne vogliono: “ Questa storia dell'uomo che deve aiutare la donna non la sradici neanche in una città evoluta come la nostra”. Il romanzo procede svelto con la cadenza di una feroce satira sociale. La città ricorda vagamente il paese dei balocchi di Pinocchio.
Il prezzo che si paga però non è quello di essere trasformati in somari, ma di raggiungere gradualmnete una solida infelicità esistenziale. Quella di chi nella vita non ha più alcuno scopo. Non che lo valesse prima, comunque. Cli “appenarrivati” si liberano subito dalle scorie di un passato fallimentare: i cassonetti della spazzatura rigurgitano di telefoni cellulari, apparecchi tecnologici, vestiti di marca. Le persone del posto hanno imparato a farne a meno. D'altronde si è rivelato inutile o no tutto quel ciarpame? Prendendo spunto dal suo Maestro il nostro eroe (o antieroe) si esercita: Me ne stavo fermo, fissavo un punto a caso. Dovevo dimenticarmi dov'ero, cosa facevo. (…) Mi lasciavo alle spalle il mondo intero”. La sua è una “strage perfetta di pensieri”. Ma è veramente possibile raggiungere l'annullamento dell'anima? E' quanto il lettore scoprirà nelle ultime pagine.”