Il boss è femmina
Testata: D / La Repubblica
Data: 25 agosto 2012
Cosa farebbe una Filomena Marturano d'oggi, bella e povera, per proteggere se stessa e i suoi figli? Molto di peggio che mentire al suo ricco amante Don Mimì per arrivare a un tardivo matrimonio riparatore. Forse ruberebbe e si darebbe allo spaccio di droga, ucciderebbe su commissione. Sembra partire da questa premessa, romanzesca ma non irrealistica, Vita segreta di Maria Capasso, in cui lo sceneggiatore e scrittore napoletano Salvatore Piscicelli racconta l'ascesa sociale dell'affascinante Maria Capasso, madre di famiglia di professione manicure. Maria vive in periferia, ha un marito operaio e tre figli. È sempre impeccabile, è una donna piacente e i maschi la desiderano. Quando il marito si ammala di cancro, cede alla corte di un gestore di autosaloni implicato con la camorra. E così impara, metaforicamente e non, a sparare. A non avere paura di niente e di nessuno, perché sa che nessuno può proteggerla o aiutarla. Pagina dopo pagina, finiamo per parteggiare per quest'eroina in tacchi alti e tailleur attillato e per la sua mancanza di scrupoli, che la porta dai quartieri popolari della cintura napoletana all'aria più tersa del Vomero. Il suo romanzo criminale ce lo racconta in prima persona, con un realismo che è quasi cinematografico. La madre di famiglia del sud, grande archetipo italiano, si mette a nuovo e si sporca le mani di sangue. Eppure proclama che tutto ciò che ha fatto l'ha fatto per amore dei figli. Non a caso l'autore cita Don DeLillo: «gli italiani hanno fatto della famiglia un gruppo estremista».