Durante le presentazioni dell’Atto Primo del fumetto Red Dread mi vedete sempre parecchio delirante. Qualcuno potrebbe dire che sono rari i momenti in cui non deliro ma quel qualcuno probabilmente o è in mala fede o mi conosce meglio di quanto vorrei. In ogni caso, leggendo il romanzo “La ballata di Mila” di Matteo Strukul e il fumetto “Red Dread” disegnato magistralmente da Alessandro Vitti mi è successo di girovagare con la mente nelle calde e (per me) accoglienti lande dei simboli e degli archetipi. Cosa volete che vi dica? Ogni età ha i suoi piaceri.
Partendo dal personaggio di Mila, nella sua duplice raffigurazione letteraria e fumettistica, andando a ritroso nel tempo mi sono trovato a identificare una serie di figure femminili che, in nuce, presentano le caratteristiche della nostra eroina dai dreadlock rossi. Figure femminili che mi piace immaginare abbiano i suoi occhi.
Non hanno i Dread, ovvio. Non brandiscono Katane e Uzi né guidano una Ford Focus blu ma sono tutte donne che “non ci stanno” ad essere solo quello che l’uomo chiede loro.
Questa monografia è dedicata a loro, alle donne che hanno gli occhi di Mila. Non ha nessuna pretesa di esaustività e non è scritta da un alto cattedratico ma da un modesto Spinetense coi postumi dell’ennesima balla. In più, vi accorgerete che l’argomento è parecchio vasto e qui siamo sull’internet (come dice mia mamma) e bisogna essere veloci per cui, portate pazienza se tralascerò qualcosa.
Mi limiterò a dei piccoli quadri, a delle istantanee neppure troppo ordinate cronologicamente. Salterò su e giù nel tempo come un Marty McFly allucinato e vi parlerò di una bellezza diversa da quella che ci propongono le televisioni e le sfilate: la bellezza delle cattive ragazze.
“Così nel mio parlar voglio esser aspro
com’è ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda,
e veste sua persona d’un dïaspro
tal che per lui, o perch’ella s’arretra,
non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda;
ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
né si dilunghi da’ colpi mortali,
che, com’avesser ali,
giungono altrui e spezzan ciascun’arme:
sì ch’io non so da lei né posso atarme.”
(Dante Alighieri, tratto dalla Rima CIII)
Non cominciate a fare subito quella faccia, non intendo fare una lezione di filologia dantesca. Come dite? Sugarpulp e Dante non c’entrano niente? Bé, se permettete secondo me Dante è stato il primo scrittore pulp della storia della letteratura italiana. E sono disposto a sfidare ad un duello di chi beve di più chiunque osi contraddirmi.
Siamo verso il 1296, Beatrice, la tipa per cui il buon Durante aveva una cotta per lo più platonica, era morta e il Nostro si trovava in un periodo di sperimentazione. Guarda caso, è in questo periodo che incontra la donna Petra che certo, non è quel mirino puntato verso Dio che era Beatrice. Di angelicato in lei c’è ben poco. Oh, lo so, lo so. In Dante tutto è metaforico, anche gli articoli indeterminativi e probabilmente la Petra è una metafora della filosofia, della ragione o di quello che più piace ai commentatori. Io sto sul letterale, qui. Mi piace pensare che il buon Durante avesse un periodo di risveglio ormonale. Di sicuro, se è vero quello che dicono degli uomini col naso lungo, il suo parco giochi maschile doveva essere ben funzionante.
Tra tutte le donne che girano per Firenze, a lui piace proprio questa donna Petra che, guarda caso, non gliela dà. Questa è la storia che non vi racconteranno mai all’università. Ci voleva Sugarpulp!
In ogni caso la Petra è una donna cazzuta e il fatto che l’associ a Mila dipende tutto da questi versi qui sopra. Petra e Mila sono abilissime a schivare i proiettili (‘non esce di faretra saetta che già mai la colga ignuda’, dove ovviamente qui ignuda sta per ‘priva di difese’) mentre, al contrario, i colpi che esplodono dalle loro armi vanno sempre a segno, chiunque sia il bersaglio (‘giungono altri e spezzan ciascun’arme’).
La donna Petra non era la tipica donna stilnovista che stava ferma e si faceva poetare come se niente fosse. Se ci fosse qualche suo ritratto in giro, sono certo che Petra ci guarderebbe dal quadro con gli occhi di Mila. Lo sguardo di cui Alessandro Vitti parla spesso durante le presentazioni: sicuro, minaccioso ma colmo dell’imperscrutabile tristezza dei diversi.
E, certo, essere donne come la donna Petra, nel medioevo era tutto fuorché facile.
“E chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro à dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose, le quali quanto più di forza abbian che le palesi coloro il sanno che l’hanno provate: e oltre a ciò, ristrette dà voleri, dà piaceri, dà comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi oziose sedendosi, volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri.”
(Giovanni Boccaccio, tratto dal proemio del Decameron)
Lo sanno anche le piastrelle bicolori del mio pavimento: le tre corone del manga shonen contemporaneo sono Naruto, Bleach e One Piece mentre le tre corone letterarie del medioevo sono Dante, Petrarca e Boccaccio. Io ho sempre odiato Petrarca. Ha fatto un po’ lo stronzetto snob ai suoi tempi, soprattutto dicendo di non aver mai letto la Commedia di Dante mentre si capisce bene che l’aveva letta eccome. Studiatevi pure il suo Canzoniere, se volete ma il punteggio che gli do io, fingendomi il Matteo Righetto di Books&Beets è di due barbabietole. Al Decamerone invece do cinque. Ho imparato più cose da quelle centoeuno novelle che dal resto dei libri che ho letto. Bé, esagero perché mi piace esagerare ma non siamo tanto distanti dalla realtà. Bon. Secondo voi a chi è dedicato il Decameron? Al Papa? Acqua. Ad una donna? Fuocherello. A tutte le donne? Bingo. Ma non proprio a tutte. Se avete capito la citazione del proemio del decameron che ho appiccicato qui sopra, il buon Giovannaccio parla alle donne che si rompono le scatole di stare in casa.
Lui ci dice di più e per questo è considerato un proto-umanista: lui dice che le donne della sua epoca sono costrette a stare in casa a fare la calzetta e cucinare il rognone. Boccaccio se ne dispiace perché è un uomo con la testa che funziona e riempie la sua raccolta (la più grande raccolta di racconti della letteratura italiana) di proto-Mile. I giovani che si riuniscono nella casa per fuggire dalla peste sono in dieci ma ci sono solo tre uomini. So quello che state pensando e conosco anche la parola adatta al contesto: reverse gangbang ma perdonatemi se non sviluppo il tema, vorrei ancora far parte di Sugarpulp per qualche anno.
Le donne di Boccaccio regnano, detto all’anglofona. Sono furbe, forti e menano per il naso gli uomini.
Di sicuro, come Mila, non sono donne a cui piace fare la calzetta ma sono socialmente attive, per quanto possono in quel medioevo che, in fin della fiera, presenta ancora troppe somiglianze col mondo contemporaneo.
Proto-umanista si diceva. Ecco, per tutti sarebbe stato meglio che i contemporanei del Giovannaccio avessero letto di più il Decamerone. Invece no. Censura completa per secoli e secoli.
Cosa peggiore: cento anni dopo il completamento del Decameron, due deficienti scrivono il Malleus Maleficarum, libro (lo chiamo così, ma in realtà non ne avrebbe dignità) che descrive le torture da applicare alle streghe nell’orribile periodo che porta il nome di inquisizione.
Se non stai a casa, sei strana. Se cerchi il sapere misterioso tramandato per anni da madre a figlia, retaggio della cultura femminile, sei una strega perché fai qualcosa che l’uomo non capisce. Se sei una strega devi morire perché scardini la weltanschauung di una società maschiocentrica.
L’allele degli occhi di Mila, probabilmente, si è formato laggiù, nel mondo misterioso dei segreti femminini, nel momento in cui la prima donna ha detto di no al primo uomo. E se pensate che la prima donna fosse Eva, bé, vi svegliate di grosso. Niente biondone tonte dalle tette grosse in queste pagine, dovreste averlo capito.
“Ambarabà cici cocò
Tre civette sul comò
Che facevano l’amore
Con la figlia del dottore.”
Quando fai il lavoro che sto facendo e cioè l’Indiana Jones degli archetipi, sai che prima o poi ti trovi in posti bui, in cui muoversi diventa difficile. Ogni appassionato di simboli, quando si parla di quel sincretismo mitologico che si diffonde secoli prima di Cristo nella mezzaluna fertile, ha un brivido lungo la schiena.
Quello è uno dei posti dove le cose come le conosciamo noi sono nate. Lilith è nata laggiù e Lilith è forse la madre di tutte le streghe, di tutte le donne misteriose e sfuggenti che ci spaventano. Un po’ come Petra e le donne Decameroniane, un po’ come Mila.
Lilith è stata chiamata puttana o demone e, pensate un po’, nel corpus della Zohar, il testo più importante della tradizione cabalistica, si racconta che fosse anche stata la prima donna. Secondo una tradizione, infatti, Dio creò Lilith dalla stessa terra in cui creò Adamo, non da una sua costola. Uomo e donna nati uguali! Pensate che bestemmia. Non è da stupirsi che Lilith e le donne che portano gli occhi di Mila facciano paura.
Poteva andare bene fra i due, fra Adamo e Lilith intendo, se non fosse stato che il mascellone avesse tutta una sua idea su come dovessero andare le cose:
“Ella disse ‘Non starò sotto di te,’ ed egli disse ‘E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra.”
(Anonimo, tratto da “L’alfabeto di Ben-Sira, X secolo D.C.)
Come Petra, come Mila, Lilith non ci sta, non si fa comandare. Ha una testa pensante e può dire di no. Così, rottasi le scatole per le richieste di Adamo, prende armi e bagagli e abbandona il paradiso. A seguito di questo la storia religiosa occidentale le darà i nomi più abbietti, relegandola al ruolo di demone tentatore o di vampira di seme maschile. Il suo simbolo, non a caso è la civetta e, sempre non a caso, ho voluto citare la nota filastrocca all’inizio di questo capitolo. Vi pensavate che mi ero ammattito, vero? Bé, se lo pensate siete comunque nel giusto.
Mentre Eva, come le donne angelicate e le donne “brave” sono semplici pseudopodi che si aggrappano all’eterno mascolino, Lilith e le ragazze cattive hanno la loro mitologia a parte. Se l’uomo è il giorno, le cattive ragazze sono la notte, che è il luogo, da sempre, dove i sogni prendono vita. La parola Lilith d’altronde deriva proprio dalla radice proto-semitica di notte.
Ma c’è di più, la notte è anche, simbolicamente, il luogo deputato della passione sensuale e il simbolo che si incarna in Lilith ci parla molto di sesso. Sesso carnale, desiderio.
Lilith è quella donna che per secoli Voi Sapete Bene Chi ha cercato di nasconderci. Una donna che ama godere, libera, misteriosa, vittima di un’ingiustizia epocale. Una donna che, qualche volta, preferisce farsi i cazzi suoi.
Mi taccio, perché dell’archetipo di Lilith si potrebbero riempire volumi. Spero che a qualcuno di voi verrà la tentazione di conoscerla meglio.
Io non ho dubbi che il gene degli occhi di Mila derivi da lei.