«Padri di noi, ki stai in cyelo, noi voleri ki nomi di ti star saluti
» Così cominciava il Padre Nostro nella lingua franca del Mediterraneo intorno al 1540, stando almeno a quanto scrive Massimo Carlotto nel suo più recente romanzo Cristiani di Allah. Il quale rivela come i pirati dellepoca, terrore delle coste cristiane per lo più fossero cristiani rinnegati, divenuti maomettani e corsari per interesse ma anche come scelta di libertà
Se questi e il loro mondo, tuttavia, sono i protagonisti ufficiali del romanzo, ce nè uno non ufficiale. È il Mediterraneo. Che domina queste pagine, dimostrando di essere diventato una nazione a sé: compatta benché liquida e multiculturale, che addirittura aveva una propria lingua franca, parlata dai diversi cristiani e maomettani che ne abitavano le rive e si combattevano, facevano affari insieme, si prendevano schiavi a vicenda, si depredavano. Il mare nostrum sembra essersi affrancato dal grande impero di cui era stato unestensione e un mezzo di espansione, divenendo il centro di uno strano e contraddittorio melting pot che mescolava albanesi e genovesi, magrebini e disertori veneziani, turchi e lanzichenecchi, spagnoli, corsari maomettani e sardi in fuga dall'Inquisizione.
Un affascinante romanzo storico e davventura, un po Mille e una notte e molto Salgari. Barbe, turbanti, scimitarre, un amore tutto maschile: truce, tenero, disperato. Un racconto mozzafiato: ferocia, assedi, razzie, sangue, teste che rotolano come palle da bowling, bandiere corsare, vessilli e navi cristiane. E i rais (capitani), il diwan (organo legislativo), i bagni in cui si tenevano ammucchiati gli schiavi cristiani, il vino che scorreva a fiumi in taverne dove si alternavano sussurri e risse. Un racconto ancora probabilmente frutto di accurate ricerche storiche, tanto più interessante oggi che il contatto col mondo arabo si è fato così ravvicinato.