Sono morta, ma sto bene, risponde la protagonista dellultimo romanzo di Elena Ferrante alle figlie che le telefonano chiedendo sue notizie, dal Canada. Bella trovata, forse persino una chiave di lettura per la terza opera narrativa della misteriosa autrice che da sempre cela la sua vera identità e la sua vera biografia dietro un nome forse autentico, forse falso, chissà. Potrebbe essere uno pseudonimo ma anche leteronimo di un autore noto. Potrebbe essere qualsiasi cosa. E non è detto che luscita, venerdì, de La figlia oscura non riapra il gran ballo delle identificazioni, dove sono stati incrociati vari scrittorinapoletani, da Fabrizia Ramondino a Goffredo Fofi a Domenico Starnone, ma anche la di lui moglie Anita Raja, con netta preferenza per gli ultimi due manifestata apertamente, quando La Stampa lanciò il caso, da critici come Antonio La Porta e Silvio Perrella.
Una prima, rapida lettura del nuovo libro non sembra portare grosse novità su questo terreno. Il mistero Elena Ferrante, forse scalfito, resta comunque inviolato. E il libro non fa altro che confermare le qualità e il mondo della scrittrice, molto stimata dalla critica. Succederà anche questa volta? La prima notizia è che forse Alfonso Berardinelli si sta smarcando. Sul Foglio ha pubblicato una recensione, lui che è un lettore sempre molto argomentativo, tutta stretta alla pura trama. Si concede una sola parentesi ormai un genere letterario, da quando scoppiò prima dellestate la polemica innescata da Baricco contro i critici che lo stroncavano fra parentesi, mediante una frasetta buttata là. Ed eccola, la frasetta di Berardinelli: è tutto già pronto per un altro film con Margherita Buy, in effetti. Vale una stroncatura? Certo, il film di roberto Faenza tratto da I giorni dellabbandono era stato sonoramente fischiato alla Mostra di Venezia, ma nelle sale era poi andato abbastanza bene.
Sul libro, comunque, non cè discussione. Leditore e/o lo ha già venduto in 15 paesi alla Fiera di Francoforte, linteresse intorno a La figlia oscura è certamente alto. La storia che racconta è in fondo semplice: una donna ha avuto con le figlie un rapporto difficile, ma una volta che sono cresciute e hanno raggiunto (in Canada, appunto) il marito da cui si è separata, decide di godere la sua libertà e va in vacanza al Sud. Qui fa amicizia con una rumorosa famiglia napoletana, e in particolare con una giovane mamma. Proprio il rapporto con la di lei figlia farà però emergere molte importanti contraddizioni: rappresentate dalla storia di una bambola rubata freddamente, facendo soffrire la piccola proprietaria fin quasi alla malattia. La figlia perduta, appunto. Ora bisognerebbe decidere se il mélo è in dosi omeopatiche o cinematografiche. Ma tanto vale che lo facciano i lettori.