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Concerto in memoria di un angelo

Autore: Francesco Bove
Testata: ilRecensore.com
Data: 22 febbraio 2011

Eric-Emmanuel Schmitt è un asso del racconto. “Concerto in memoria di un angelo” (Edizioni E/O, 2010) mostra ai lettori affezionati una scrittura matura mentre offre ai neofiti uno scrittore che fa della semplicità e della sintesi i suoi punti di forza. Quattro racconti che hanno come fil-rouge la conversione ma che possono essere letti autonomamente, quattro storie diverse basate sulla contemporaneità dei sentimenti.

Nel primo racconto, “L’avvelenatrice”, Marie Maurestier ha ucciso i suoi mariti e conserva questo segreto in fondo all’anima. L’amicizia con un giovane prete, di cui si innamora, la spinge verso un processo di redenzione fin quando lui non verrà trasferito altrove.
Nel secondo racconto, “Il ritorno”, un marinaio, sempre dedito al suo lavoro e lontano da casa, riceve la notizia della morte di una delle sue quattro figlie. Non sa con esattezza chi sia venuta a mancare ma quest’avvenimento lo spingerà a riflettere sul significato dell’essere padre. Nel terzo racconto, “Concerto in memoria di un angelo”, è la storia di due amici speculari, dal carattere opposto. Un evento accidentale ribalterà totalmente le loro posizioni e le loro personalità.
Infine in “Un amore all’Eliseo” è una storia d’amore presidenziale ad essere oggetto del racconto. La coppia non è felice, come appare invece nelle copertine dei rotocalchi, e la loro relazione nasconde segreti e ricatti.
Schmitt ha cercato soprattutto un modo per mettere su carta il suo concetto emblematico di “racconto”. Infatti, nel diario di bordo in appendice, si ritrovano tutti gli elementi che, in un certo senso, già emergono durante la lettura dei racconti.
Se da un lato lo scrittore francese mette su carta una serie di caratteri forti, decisi, personaggi avvincenti, d’altro lato la sua scrittura, al contempo solida e glabra, minimizza molti lati dei caratteri, non approfondisce determinati aspetti e appare, in determinati punti, frettolosa. Si tratta di una scrittura elegante ma misurata, nitida, che arriva direttamente al punto senza perdersi in lungaggini.
Nel suo inno alla vita, Schmitt gioca con gli opposti, con i contrasti, col bianco e il nero, per arrivare ad un unico punto, condivisibile, senza mettere in campo moralismi.