Di Viola Di Grado avevamo parlato subito (qui): il suo romanzo Settanta acrilico trenta lana (edizioni e/o) era appena uscito ed era anche appena nato questo blog. Nel frattempo, Viola ha fatto parecchia strada. Tanti ne hanno scritto (vedi qui), è stata in lizza per il Premio Strega, ha vinto il Campiello Opera Prima.
Con Viola ci siamo divertiti a fare un gioco. Questo nel blog è lo spazio in cui gli autori in genere raccontano il loro libro con parole scritte. Viola, invece, ce lo racconta con quello che indossa. Un gioco che è anche serio: perché nel suo romanzo (se non l’avete ancora fatto, leggetelo, è una nota originale da ascoltare con attenzione tra le voci della nuova letteratura italiana) la moda ha un ruolo da carnefice. E Camelia, la protagonista, ama sfigurarla tagliuzzando i vestiti. Buona lettura.
Mi scrivo addosso perché il mio corpo è solo una funzione della mia scrittura. E comunque, a volte non trovo il mio quaderno.
Le matite di emergenza- nel caso mi venisse l’ispirazione per strada- bastano per un romanzo intero.
Per solidarietà verso i miei personaggi e per dichiarazione d’amore alla scrittura, io indosso il mio romanzo: è da quelle pagine che è scappato questo pappagallo (così come quel mio cappuccio rosso pieno di forbici.)
Anche qui indosso il mio romanzo: questo vestito è il prodotto della “chirurgia antiestetica” di Camelia (è stato creato per lei da Marella Ferrera).
Amo gli orecchini a forma di pesci, ma bisogna stare attenti ai gatti finti nelle vicinanze.
I vinili, diventando borse, sono un po’ meno tristi per la scomparsa dei giradischi.