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L’UOMO CHE SI METTE IN METTE IN MOSTRA

Autore: Tiziana Lo Porto
Testata: D / La Repubblica delle Donne
Data: 10 settembre 2006

È la storia del patto mefistofelico: un uomo sull’orlo del suicidio accetta un modo alternativo per rinunciare alla propria vita. Si vende a un artista che lo trasformerà in opera d’arte. «Esiste al mondo condizione migliore di quella di un oggetto? E più ancora, di un oggetto d’arte?», osserva il diavolo compratore, convincendo il pover’uomo a cambiare aspetto in nome di un ideale di presunta bellezza. Così Rienzi, il protagonista del romanzo, diventa Adam bis, uomoscultura ammirato in tutto il mondo come una nuova Gioconda. Da lì in avanti il libro sarà una catastrofica sequenza di sciagurati eventi destinati a un inatteso felice epilogo, in cui l’amore trionfa sulle apparenze, che del resto “sono soltanto quello che sono”. L’autore della parabola è il filosofo, drammaturgo e scrittore Eric- Emmanuel Schmitt, già acclamato per Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, poi diventato film con Omar Sharif e la regia di François Dupeyron. E oggi è di nuovo alle prese col cinema: «Sono appena stato a Roma per incontrare Nicola Piovani, che farà le musiche del film a cui sto lavorando. Anche il direttore della fotografia è un italiano, Carlo Varini».

Un nuovo film tratto da un suo romanzo?

«No, è una storia che ho scritto direttamente per lo schermo. Il film si chiama Odette Toutlemonde, ed è una storia d’amore dopo i quarant’anni. Una commedia sulla felicità».

In Quando ero un’opera d’arte la ricerca della felicità passa perquella della bellezza. Che cos’è per lei la bellezza?

«La bellezza non esiste oggettivamente. È un sentimento totalmente soggettivo che si prova davanti a certi oggetti, o a certe persone. Ogni epoca propone dei canoni estetici che semplicemente non hanno realtà, e che per fortuna cambiano ogni dieci anni. L’unica cosa che riesce a fabbricare la bellezza è lo sguardo dell’altro. Così come si può rendere belli gli altri con uno sguardo».

Fin dal titolo, nel libro ha scelto la prima persona singolare, lasciando supporre che Adam bis, l’uomo che diventa opera d’arte, sia un personaggio autobiografico. È così?

«Sì, è senz’altro una mia proiezione. Da adolescente ho tentato il suicidio, e ho faticato ad accettare il mio corpo. Anch’io, come Adam bis, ero pieno di inquietudini personali, che fortunatamente ho superato».

Una definizione: che cosa è per lei l’arte?

«È un momento effimero catturato per l’eternità, l’effimero aggrappato all’effimero, un momento del mondo fissato per sempre e mostrato per sempre agli altri. L’arte è la lotta contro il nulla, contro la morte, non contro l’effimero, che invece esalta. È la volontà di fermarsi per contemplare, è la meditazione, è un’esperienza spirituale. E non ha niente a che vedere con la provocazione».

Sempre più difficile: la felicità allora cos’è?

«Il prodotto di una conoscenza filosofica di sé. Per essere felici bisogna conoscersi, accettarsi e rifiutare i modelli di felicità degli altri. La felicità è la ricompensa del saggio».