Con i piatti piccanti si digerisce il comunismo
Autore: Nadia Caprioglio
Testata: TTL / La Stampa
Data: 19 novembre 2011
I piatti più piccanti della cucina tatara di Alina Bronsky non è un libro di cucina. E' la storia tragicomica di tre generazioni di donne che nell'arco di trent'anni passano attraverso il comunismo, la povertà, l'emigrazione e vari traumi psicologici. Rosalinda, russa di origine tatara, è il capo della famiglia: matriarcale, invadente, crudele, tuttavia dotata di forte immaginazione e iniziativa, vive in un tipico appartamento sovietico con il marito, segretario del sindacato che sogna di liberare tutti gli uomini dalla discriminazione delle cosiddette «radici culturali », la figlia adolescente Sulfia, che Rosalinda considera «una canna al vento» stupida e deforme, e una coinquilina intrigante e sgradevole. Ma forse Rosalinda non ha proprio tutto sotto controllo come crede: un giorno (siamo alla fine degli Anni 70 del secolo scorso) Sulfia le comunica di essere incinta, probabilmente «per aver sognato un uomo durante la notte». Il romanzo comincia in realtà da qui, dallo sgabello in cucina, per poi portare il lettore attraverso anni e paesi stranieri, catastrofi, matrimoni, scandali... Poiché né i senapismi bollenti, né il ferro da calza funzionano, viene alla luce una nipotina, una bambina sovietica senza nazionalità, chiamata Aminat come la nonna di Rosalinda nata nel Caucaso, che metterà a soqquadro la sua vita. Non basterà la torta Napoleone, preparata per il compleanno, con i suoi dieci strati croccanti di pasta sfoglia, a rendere dolce e leggero il futuro di Aminat. L'esistenza quotidiana diventa una prova costante della capacità di sopravvivenza dei personaggi, mentre la storia attraversa momenti epocali. I piatti piccanti della cucina tatara che Rosalinda mette in tavola con orgoglio, sono in realtà piatti di sua invenzione, creati con gli unici alimenti reperibili all'epoca del ristagno bre neviano. Quando il vento cambia, poi, è ancora più difficile e per comprare un po' di pane e di patate Rosalinda deve riportare i vuoti delle bottiglie di latte racimolando le monete della cauzione. Infine, quando sia il paese che la sua città cambiano nome, spuntano ovunque «chioschi e banchi, con file di scatoloni pieni di generi alimentari», ma la gente è vestita male e ha la miseria negli occhi. Il suo maniacale istinto di sopravvivenza spinge Rosalinda a emigrare in Germania, «il paese che non ci ha sconfitto», anche a costo di rischiare per Aminat la sorte della Lolita nabokoviana. I temi del romanzo di Alina Bronsky, nata in Russia ed emigrata in Germania, sono gli stessi del suo romanzo di esordio, La vendetta di Sasha: l'identità, l'amore, il fallimento, la perdita. Tuttavia, alla fine del romanzo, quando ormai non potrà più «rimediare agli errori degli altri », Rosalinda troverà il primo uomo nella propria vita da poter amare e rispettare, forse il suo primo amore: un gentleman inglese con un grande giardino e venti tipi di tè nella dispensa. Il tè era sempre stato la sua passione.