Il confine violato dell'illegalità
Autore: Benedetto Vecchi
Testata: Il Manifesto
Data: 13 dicembre 2011
Una città di mare e di confine, ma al centro di flussi di denaro, merci e di uomini e donne. Trieste è infatti il punto di approdo del caffè prodotto nel mondo, ma anche il porto dove sbarcano i capitali che vogliono essere ripuliti dall'eroina, dalla polvere da sparo, dal sudore e sangue di uomini e donne ridotti a schiavi che li hanno prodotti. Ad gestire lo smistamento del flusso ci sono affaristi che riciclano i capitali sporchi, acquisendo così il potere necessario per condizionare elezioni comunali, regionali, fino a Milano, fino a Roma. La Trieste di Veit Heinichen non ha dunque le atmosfere mittleuropee di Italo Svevo, che hanno affascinato pure James Joyce e sempre più spesso evocate dalla mite penna di Claudio Magris come il regno della libertà dell'anima. È invece una città violenta quella descritta da questo scrittore tedesco che l'ha scelta per romanzi noir sospesi tra il polo nordico e il polo mediterraneo di un genere narrativo che continua a sfornare storie appassionanti, capaci di gettare luce sugli angoli indicibili, maledetti della realtà contemporanea. Veit Heinichen è un tedesco che ha scelto di vivere a Trieste. I suoi noir hanno cominciato ad essere pubblicati dopo una carriera come direttore generale della Mercedes Benz; e dopo aver fondato e diretto la casa editrice tedesca Berlin Verlag. E sono stati subito successi editoriali. Protagonista è un commissario di polizia, Proteo Laurenti, meridionale trapiantato a Trieste, diventato protagonista anche di una fortunata serie televisiva tedesca. Laurenti è meticoloso, parte dai fatti, ne stabilisce i nessi, indifferente ai vincoli posti all'ordine costituito. Ha una famiglia allargata standard. La moglie divide il tempo tra il lavoro e la famiglia, ma è sensibile ai corteggiamenti di altri uomini. Laurenti, invece, è moderatamente infedele, come d'altronde lo è la figlia, che stanca delle lunghe assenze del marito - ufficiale della marina mercantile - si innamora spesso, per poi tornare sempre sotto l'ombrello protettivo della famiglia. In questo ultimo romanzo - Nessuno da solo, edizioni e/o, pp. 369, euro 18,50. Il romanzo sarà presentato oggi, alle 19, dall'autore presso la libreria «Altroquando» in Via del Governo Vecchio, 80 di Roma - Laurenti deve destreggiarsi tra la morte di un produttore tedesco di fiction e un ricatto nei confronti di una parlamentare conservatrice inglese. Apparentemente sono vicende che non hanno punti in comune, ma poi convergeranno entrambe in una losca vicenda di speculazioni sulle quotazioni di caffè pregiati, mafia russa e speculazioni edilizie. Il commissario naviga un po' a vista. Ha i suoi affanni. È stato beccato mentre amoreggiava con la sua amante in un bosco riempito di videocamere di sorveglianza per colpire una banda di bracconieri. Inoltre, si sente sotto pressione. È infatti arrivato un nuovo superiore, che ha la fama di essere una donna di ferro che punta ad avere risultati in tempi rapidi. Ma il personaggio che più affascina in questo noir non è Laurenti, bensì Miriam, eritrea con padre italiano, che arriva a Triste come inviata della puritana deputata conservatrice, fotografata mentre faceva sesso con un italiano durante una breve vacanza a Grado. Foto che devono essere riscattate con migliaia e migliaia di euro. Miriam è la chiave di volta del romanzo. Con la sua presenza a Trieste sono tessute le fila per mettere in rapporto il ricatto a luci rosse con la morte violenta del manager tedesco. È un personaggio importante perché fa emergere un'altra chiave di lettura del romanzo, cioè il passato coloniale italiano, costellato da massacri in nome dell'Italia proletaria e romana. O della piccola Italia che vuol diventare grande. Ed è in questa cornice che irrompe il personaggio tanto scaltro quanto abietto. È un traffichino divenuto potente. Un fascista non pentito, ma che si è intrufolato talmente bene nel sistema politico locale che tiene nelle sue mani centrodestra e centrosinistra. Inoltre possiede il più grande archivio fotografico dedicato alle guerre novecentesche, in base al quale si vanta di poter riscrivere la storia del Novecento. È stato talvolta scritto che Veit Heinichen è il punto di incontro tra il noir nordico e il noir mediterraneo. Vero, ma quello che attrae nelle sue storie è un altro aspetto, meno indagato, che riguarda il concetto di confine. I confini stabiliscono barriere, ma anche possibilità di violazione delle frontiere. Sono cioè un luogo maledetto, ma anche privilegiato per guardare la realtà da entrambi i lati. In questa storia il confine tra Nord e Sud del Mondo può essere contestualizzato adeguatamente sia da Miriam che dal commissario. Così il fitto intreccio tra criminalità organizzata, economia legale, politica e economia viene efficacemente descritto e sciolto proprio perché il confine viene assunto come un limite da violare. Da questo punto di vista, i romanzi di Viet Heinichen non sono romanzi dell'incontro, bensì noir che fanno tesoro del fatto che il confine non è una barriera fisica e neppure solo una frontiera. È piuttosto una condizione sociale, umana, esistenziale. Non esprime identità rigide, ma assume la trasformazione come elemento inaggirabile. Nessuno da solo va quindi al di là della consolidata geografia in cui, sempre più spesso, viene guardato il noir. Nord, Sud sono certo convenzioni necessarie, ma poco dicono di quelle relazioni sociali che si organizzano, strutturano e riconfigurano attorno ai confini. Laurenti è un commissario di polizia che continuerà a svolgere il suo lavoro; Miriam rimarrà sempre una figura cangiante tra attivismo e giornalismo glamour. Ma entrambi sanno che nulla rimarrà come prima. Il confine può anche stabile rigide gerarchie, ma può essere sempre e comunque violato, mettendo così in crisi l'ordine costituito.