Autrice nipponica amata in tutto il mondo per le sue trame estreme, vede lo stato delle donne nel suo Paese come un inferno: «Io femminista? Il termine mi sta un po' stretto»
I suoi personaggi, a partire dalla celebre «ragazza del convenience store », non sono mai a loro agio nel mondo. Definiti «strani», deviano. Dalle imposizioni della società, dalle aspettative della famiglia, dall'orologio biologico. I suoi universi sono distopici, a volte disturbanti, perfino respingenti (ha scritto di cannibalismo e abusi con serafica ferocia), come se cercasse il limite da cui osservare l'abisso dell'animo umano. Nel nuovo libro, Parti e omicidi (e/o come gli altri, tutti tradotti da Gianluca Coci), immagina una realtà in cui se una donna - o anche un uomo - partorisce dieci figli, acquisisce il diritto a uccidere chi le/gli pare. Ha un tono di voce basso, lo sguardo dolce. In realtà Murata Sayaka, fenomeno giapponese globale, «aliena» ( crazy è uno dei suoi soprannomi in patria) amata anche in Italia (si è visto al Salone di Torino con un interminabile firmacopie), è tra gli autori più inquietanti e seducenti della narrativa contemporanea. Stile asciutto, sottile humour, trame stranianti. Talento premiato dalla critica, capace di sfidare il lettore con i suoi protagonisti naïf, in cui i lettori si identificano (a partire dalle persone neurodivergenti), lontani dai concetti di normalità e omologazione. I suoi racconti e romanzi sono un invito a cambiare prospettiva leggendo storie di corpi, sessualità, riproduzione. Di donne. Spiega: «Non sono, o meglio, non sono solo una scrittrice femminista. Ma certo, la condizione femminile nel mio Paese è ancora l'inferno».
Sembra che in Giappone - dalle favole del «Paese delle donne selvagge» di Matsuda Aoko, alla fantascienza delle «Donne da un altro pianeta» di Miyuki Ono - sia necessario scrivere di mondi inesistenti per potere affrontare certi temi. Perché?
«Gli universi immaginari mi servono per superare i limiti del realismo: così posso indagare meglio i motivi per cui gli esseri umani hanno determinati pensieri e comportamenti».
Perché il corpo delle donne è così importante nella narrativa giapponese? Anche un'altra scrittrice, Mieko Kawakami, ne ha fatto un romanzo di successo, «Seni e uova».
«Non so per gli altri, ma per me è una specie di ossessione. Quando ero bambina non ho mai pensato che il mio corpo fosse davvero mio, ho sempre avuto l'impressione di essere un capo di bestiame utile a proseguire la linea famigliare. Certo, era un'altra epoca (Murata è nata nel 1979, ndr ), ma non avrei potuto neanche minimamente immaginare, come i miei coetanei, di avere il diritto di scegliere la mia sessualità. Per fortuna c'erano autrici come Matsuura Rieko (1958, ndr ) che, scrivendo di minoranze e reietti, mi ha fatto capire che il mio corpo e la mia sessualità potevano essere veramente miei. Tante persone come me possono dire di essere state salvate dalla letteratura. Anche per questo certi temi sono così presenti nella mia narrativa».
Perché in «Parti e omicidi» ha fatto partorire anche i maschi?
«Fa parte della mia creatività. Anche nella prossima opera, che in inglese si intitola Burning World («Il mondo che brucia», ndr ) , il marito rimane incinto. Forse perché mi piacerebbe che succedesse davvero: vorrei capire come sarebbe il mondo se i maschi partorissero. Penso a mio padre e agli uomini della sua generazione che ci vedono come macchine per la riproduzione: come cambierebbe il loro sguardo se anche loro potessero farlo?». (...)