Per rivivere le avventure delle sue protagoniste è disposta a tutto. È così che Alexandra Lapierre riesce a scrivere le sue appassionanti biografie. Per l'ultima, dedicata alla moglie di Robert Louis Stevenson, è finita tra le miniere del Nevada e sulle isole Samoa. Dove non si è arresa neanche davanti a un ciclone
MI RICEVE "virtualmente" nella sua casa di campagna vicino a Parigi. Sullo sfondo, quadri bucolici e ritratti secenteschi. È il luogo in cui Alexandra Lapierre, scrittrice francese, abita per metà del suo tempo. Il resto della sua esistenza lo divide fra Roma e località più esotiche, sulle orme di personaggi cui dedicare una delle sue appassionanti biografie. Come è appena successo con Fanny Stevenson, che l'ha "portata" in giro per il mondo: dagli Stati Uniti all'istmo di Panama, da Edimburgo al sud del Pacifico, dove l'intrepida Fanny aveva trascinato, per farlo guarire dal "mal sottile", il marito, il romanziere scozzese Robert Louis Stevenson. Alexandra è figlia d'arte: il padre, Dominique Lapierre, autore del celebre La città della gioia , ha vissuto per anni in India e parlava bengalese. Come poteva non ereditarne l'amore per le esperienze audaci? Non poteva e ha già avuto modo di dimostrarlo. (...)
Come ha scoperto Fanny?
Ho sempre amato le opere di Stevenson. Leggendo i suoi libri, ho notato che nelle prefazioni si parlava di sua moglie in modo controverso, o come musa o come "castratrice". Aveva circa 40 anni quando incontrò lo scrittore, 11 più di lui. Americana, separata con figli, fumava, aveva i capelli corti e non portava il corsetto. Nei circoli inglesi non era ben vista. Al contrario i genitori dello scrittore l'adoravano, perché lei amava il loro figlio unico.
Quanta fiction c'è nel libro?
Tutti i dialoghi sono presi dalle lettere e dai diari di Fanny e della figlia Belle. In generale, poi, mi reco sempre nei posti in cui hanno vissuto i miei personaggi. Non invento niente: gli odori, i rumori, i luoghi, le distanze sono tutti veri. In questo caso, sono andata in Nevada, nella città mineraria in cui Fanny arrivò in diligenza con la figlia di cinque anni e visse con il primo marito, Samuel Osbourne, unica donna tra 5mila uomini. Ho poi visitato la casa degli Stevenson sulle isole Samoa, a Vailima, villaggio montuoso nel distretto di Tuamasaga. Era appena stata distrutta da un ciclone e così sono entrata dalla finestra. Ho visto la famosa fotografia che ritrae Fanny con la famiglia sui gradini esterni, e me ne sono fatta fare una anch'io. È stato un momento in bilico fra sogno e realtà. Nel mio lavoro unisco sempre esperienza fisica, letteratura, esplorazione e ricerca. (...)