Al liceo Davide Coppo entra in un gruppo radicale di destra. Oggi lo racconta in un romanzo. E del governo attuale dice: «Un avversario che conosco molto bene»
Ci sono voluti ventidue anni a Davide Coppo per fare i conti con una parte della sua vita che ha cercato di nascondere a chiunque lo incontrasse, come se se ne vergognasse. «Il fatto di aver abbracciato da adolescente l'estrema destra l'ho sempre vissuto come una macchia. Oggi, però, penso che quella parte della mia vita mi abbia arricchito più che impoverito», racconta Coppo, che ha scelto di affrontare quella fase transitoria pubblicando un libro, La parte sbagliata (edizioni E/O), in cui non parla direttamente della sua storia pur affidando la voce narrante a un ragazzo di Trezzano sul Naviglio come lo era lui, in cerca di qualcosa che lo definisse come lo cercava lui.
Perché rompere il silenzio ora?
«Sentivo che era arrivato il momento giusto per farlo, anche se viviamo in anni molto polarizzati in cui in dibattito su questo tema è più acceso che mai. Per tanto tempo ho avuto paura di essere identificato con quella fase della vita, anche se non ho niente da rinnegare e da rimproverarmi».
Il primo contatto con il mondo fascista?
«In terza media, quando la professoressa di storia ci ha fatto vedere i filmati dell'Istituto Luce per spiegarci il fascismo. Erano filmati realizzati proprio allo scopo di creare una sorta di fascinazione in chi li guardava, anche se lì per lì non mi sono subito identificato con quella roba lì».
Quando si è identificato?
«Al liceo classico Beccaria di Milano che ho frequentato. Soffrivo all'idea di vivere in un paese anziché in città, e di impiegare ogni giorno due ore per arrivare a scuola. Mi sentivo diverso, in cerca del mio posto, fino a quando non ho incontrato un ragazzo più grande di me che, oltre a essere diventato un buon amico, mi ha portato dentro a un'organizzazione di estrema destra». (...)