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Le voci degli altri: tre libri per capire la giovane letteratura italiana di oggi

Autore: Chiara Del Zanno
Testata: Rolling Stone
Data: 19 maggio 2024
URL: https://www.rollingstone.it/cultura/libri/le-voci-degli-altri-tre-libri-per-capire-la-giovane-letteratura-italiana-di-oggi/907495/

Sono Irene Graziosi, Emanuela Anechoum e Davide Coppo, li ha “beccati” lo stesso editore, hanno scritto tre romanzi – ‘Il profilo dell’altra’, ‘Tangerinn’, ‘La parte sbagliata’ – che s’interrogano su Storia e presente, identità e collettività. E che fanno ben sperare

(...) “Io sono stato un fascista” è il coming out letterario di Davide Coppo, ed è uno dei più coraggiosi degli ultimi tempi. Confesso ad Eva Ferri che aspettavo da anni un romanzo del genere, ovvero la versione di chi ha scelto l’altra parte della barricata, come fu per uno dei miei amici storici. A quindici anni lui militava in Forza Nuova e io in Rifondazione Comunista, per poi soccombere all’allucinazione collettiva del “meno peggio” migrando nel PD. A vent’anni lui citava D’Annunzio e Leon Degrelle, io Fidel Castro e Berlinguer, ma insieme ascoltavamo il neonato Welfare Pop dello Stato Sociale: “la coscienza era solo un vago riflusso mentale” e la lucina dentro agli occhi, forse, era già il riflesso di una scintilla che non scoccava. Eravamo due fazioni opposte della stessa faccia generazionale, quella orfana di miti. Non era rimasto più niente di politico per noi, e mentre litigavamo per rivendicare le briciole, probabilmente lo sapevamo già. Così oggi Davide Coppo apre il libro con Le voci della sera di Natalia Ginzburg e dopo centonovanta pagine ammette: “Sono stato felice, per il tempo che dura una canzone”. La parabola è tragica fin dal prologo: la militanza viene percepita come un’alternativa alla solitudine, ma diventerà un treno verso il disincanto (“Siamo i reietti, i disprezzati”, dirà il protagonista parlando del suo gruppo di estrema destra). Dopotutto Coppo si rivolge alla stessa umanità intercettata da Ginzburg, a quella schiera di uomini e donne tormentati da un isolamento che corre il rischio di farsi violento. E naturalmente pone al centro di tutto la domanda più importante: “Perché si diventa fascisti, quando si è giovani e tutto è ancora intero?”. Che poi è l’unica domanda che avrebbe senso porsi in questo momento storico. Al di là del percorso di redenzione del protagonista, la portata sociologica di un coming out così onesto è straordinaria: Coppo ci mostra dall’interno come mai il culto del neofascismo sopravvive alla gravità del fascismo storico – e questo è giusto un filino più illuminante del dichiararsi “antifa” nella bio di Instagram senza analizzare cosa ci sta succedendo intorno e perché. Lo è perché racconta la diffidenza verso il fascismo obsoleto, quello delle divise nere, tutto saluti romani e fasci littori, ma soprattutto perché spiega l’incanto per le possibilità racchiuse in una nuova visione estremista: “Un fascismo moderno, un fascismo giovane come noi era quello che volevo”. E ancora: “Cercavo sull’enciclopedia parole come: comunitarismo, vitalismo. Leggendo le definizioni pensavo: ma certo. Pensavo: è proprio così che mi sento. Pensavo ancora: è proprio così che deve essere”. Dunque la narrazione dell’imprinting, il passaggio all’educazione di partito, l’importanza delle ricorrenze e degli eroi del passato, lo spaccatesta esistenziale sulla questione palestinese o sulla Shoah, tutto viene trattato con il rispetto che si deve ad ogni innamoramento letterario e politico. E tra le righe di questo amore – cercato, sofferto, tradito – risiedono le risposte più urgenti: “Cosa ci trovavo all’epoca? Me lo sono chiesto spesso anni dopo. Mi sono risposto: un senso di ordine, un senso di felicità, un senso di compiutezza”, farà dire l’autore al suo Ettore. “Mi pareva un mondo senza ripensamenti, senza dubbi né angosce. Un mondo senza spazio per i sensi di colpa”. Mi pare quello che, in una direzione o nell’altra, cerchiamo tutti. (...)