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Uomini e cani. Otto racconti su un rapporto ancestrale. Intervista a Maurizio Braucci

Autore: Nicola Villa
Testata: Altreconomia
Data: 24 aprile 2024
URL: https://altreconomia.it/uomini-e-cani-otto-racconti-su-un-rapporto-ancestrale-intervista-a-maurizio-braucci/

Nei racconti “Qualcosa di simile ai rumori del bosco”, lo sceneggiatore, documentarista, regista teatrale e scrittore racconta otto storie uniche, intrecciando il rapporto tra l’uomo e il suo migliore amico a quattro zampe, esplorando il tema della mortalità, dell’amore e della sopravvivenza attraverso le vicende dei suoi protagonisti canini

Maurizio Braucci è uno dei più ricercati sceneggiatori italiani del cinema d’autore, con collaborazioni di rilievo con registi come Matteo Garrone (“Gomorra” e “Reality”), Francesco Munzi (“Anime nere”), Abel Ferrara (“Pasolini”), Pietro Marcello (“Martin Eden”) e Claudio Giovannesi (“La paranza dei bambini”). Oltre al suo lavoro nel cinema, Braucci ha una vasta esperienza come documentarista, regista teatrale e scrittore. Ha lavorato come documentarista, regista e a teatro. Come scrittore è poco considerato per sua stessa ammissione, “la società letteraria mi ignora”, eppure ha scritto due romanzi notevoli e originali, “Il mare guasto” (e/o 1999), una storia di camorra a Napoli, e “Per sè e per gli altri” (Mondadori 2010), una saga famigliare ambientata in Messico, e saggi sulla realtà sociale e politica che conosce meglio circa la sua città: “Napoli comincia a Scampia”, “Spartacus, il processo al clan dei Casalesi” e “L’infelicità italiana. Vademecum sull’accoglienza, i migranti e noi”. Inoltre ha pubblicato due raccolte di racconti entrambe per e/o, una “Barca di uomini perfetti” nel 2004 e “Qualcosa di simile ai suoni del bosco”, uscito in libreria all’inizio di quest’anno.

Quest’ultima include otto storie, diverse tra loro, ma accomunate da un tema: i cani, il nostro rapporto con loro. Com’è noto i canidi sono gli esseri viventi del regno animale che hanno condiviso più tempo con l’uomo, per questo definiti “il miglior amico dell’uomo”. Si sono evoluti con noi, da lupi si sono domesticati, in alleanza con l’uomo che da cacciatore diventava pastore e allevatore. Per questo i cani sono gli animali più letteraturizzati: pensiamo a Jack London, Bulgakov e Virginia Woolf.

Braucci ha scritto otto racconti che si distinguono per originalità, spaziano tra i generi, dall’avventura alla parabola religiosa, che fanno riflettere sull’avventura comune umana e canina, ma colpiscono, soprattutto, per offrire una lingua autentica e non banale.

Maurizio, tutti i tuoi lettori ti avranno chiesto della premessa ai racconti “odio i cani” perché ti hanno fatto provare un dolore mai sperimentato e promesso un amore mai avverato. Questo incipit ricorda Saffo e Catullo, l’ambivalenza del sentimento più grande per gli altri, ma ha anche una sfumatura metafisica perché i cani non sopravvivono mai ai loro padroni. Puoi approfondire questo concetto di mortalità, che poi è sotterraneo in alcuni racconti?

MB Questo è un libro che faccio fatica a spiegare, posso dire che nasce da un sentimento di lutto, di perdita e credo che questi ultimi anni, gli eventi mondiali, hanno instillato in qualche modo questo sentimento in tutti noi. In questi racconti i cani sono una metafora, in fondo il cane è un archetipo come la casa, come il mare, un simbolo ricorrente dei sogni, questo libro per me è un po’ fatto “della materia dei sogni”, ha ben poco di reale se non quel reale che appartiene alle metafore e ai sogni. Quel prologo dell’odio per i cani è in fondo una dichiarazione di intenti, un discorso sull’amore e sulla morte, in fondo annuncio che il libro verte sull’amore e sulla morte, che poi sono i due grandi tiranti della letteratura, quindi la vita secondo Eros e Tanatos. Forse, in quel prologo voglio dire che amiamo perché sappiamo che non sarà mai per sempre, e più siamo consapevoli di questa limitatezza della vita, di questa sua rarità, e più amiamo.

In alcuni racconti come “Bestia d’amore” e “Un cane fortunato” ho letto il dialogo con la tradizione, in particolare con l’avventura, la lotta per la vita. Nei cani, in effetti, si avverte una proiezione umana di saper sopravvivere alle difficoltà del mondo?

MB Ecco, poi bisognerebbe cercare di capire perché il cane è un archetipo della simbologia umana. Ed è interessante scoprire che l’inconscio è un deposito di realtà di lunga durata, un accumulo di fenomeni millenari della civiltà, tra cui c’è anche il cane. Alcuni animali vivono al nostro fianco da moltissimo tempo e si evolvono (se possiamo credere in questa parola) con noi, esistono in quanto sono in relazione con gli esseri umani. In questi due racconti si parla di cani randagi e di cani domestici, si parla di apprendimento e di insegnamento, di relazione con l’altro e di relazione con il mondo, in fondo le avventure sono iniziazione o lezione di vita. Per quello che so, nei sogni sogniamo l’altro come estensione di noi stessi, qui i cani sono i cani ma siamo anche noi umani, con le nostre imperfezioni. Credo che questi ultimi anni ci abbiamo consegnato una differenza tra vita e sopravvivenza, aumentando i rischi, gli allarmi e le guerre e, come si dice nel racconto “Un cane fortunato”, la più grande delle fortune è rimanere vivi.

C’è un filo rosso spirituale, appunto, nei racconti che sembrano addirittura delle operette morali, degli insegnamenti talmudici. Ad esempio qual è il senso del racconto “Il mutuo appoggio” in cui dei criminali in fuga devono elaborare una tortura da infliggere a due cani ciechi? Forse se siamo capaci di gesti biechi contro le bestie le faremo anche ai nostri simili? Mi ha fatto riflettere anche sull’orrore della guerra, delle morti in mare e del genocidio di questi mesi.

MB Devo dire che all’inizio, questo libro aveva un taglio più sperimentale, era un racconto di racconti, una specie di “Mille e una notte” dei cani, in cui un personaggio raccontava all’altro delle storie, ma gli editori me lo hanno rifiutato, anche malamente, finché mi è stata proposta la pubblicazione dei soli racconti. Credo che da quella versione abbiano mantenuto la forma orale, e risultano come una narrazione fiabesca del reale. Se ci sono degli insegnamenti morali nei racconti, sono venuti fuori da soli, io sento di aver scavato in dei punti e magari proprio lì è affiorato qualcosa. Certo, io ho scavato con una motivazione e un’intuizione proprio in quel punto lì dell’immaginario, e nel caso de “Il mutuo appoggio” cercavo qualcosa riguardo ad Anna Maria Ortese quando ha scritto che “Il Creato è imperfetto”. Questa sua affermazione non esclude una visione spirituale dell’universo, perché parla di Creato, ma cerca di dare una lettura delle ingiustizie e del dolore della vita umana attraverso l’imperfezione. Io ho messo un interrogativo alla frase ed allora è diventata “Il Creato è imperfetto?” ed ho scavato. Ci sono uomini che giustificano il male perché non credono nella virtù, oppure perpetuare il male è un modo per mortificare la virtù? Io opterei più per la seconda, ma resto ad osservare questa storia insieme a chi legge perché il tema è immenso. Osservando la guerra e l’impunità di dittatori e fascisti o la morte dei più fragili noi ricaviamo degli insegnamenti nichilisti oppure dei compiti per migliorare il mondo? Si tratta di scegliere. Riguardo al rapporto con gli animali come indicatore della moralità, mi viene in mente che Zaratustra fu un maestro persiano che si oppose ai sacrifici animali e da questo rifiuto iniziò la sua rivoluzione spirituale. La prima grande rivoluzione spirituale del mondo nasce da un gesto di compassione verso gli animali. (...)