(...) Riflettendo a lungo sul romanzo, la chiave di lettura che ho trovato è stata guardare alla storia narrata partendo dal tema: trovare un senso alle nostre scelte, opzioni che, seppur da noi ritenute di scarsa importanza al momento in cui ci siamo trovati a farle, hanno determinato la strada che ha preso la nostra vita. Potevamo percorrere molti altri itinerari, eppure, guardandoci indietro, ne abbiamo percorso uno, uccidendo tutte le altre nostre vite possibili.
Che poi, il tema delle scelte dirimenti per le nostre esistenze è stato a lungo esplorato dalla letteratura e dal cinema. Mi viene in mente, forse perché ha un posto speciale nel mio cuore, Sliding Doors (1998); laddove però la storia ci mostrava solo due strade possibili e, a ben vedere, dava un peso importante al caso, oltre che alla scelta della protagonista.
Invece, nel romanzo di Naspini il destino non trova alcuno spazio; solo le opzioni di Andrea, anche se marginali o riguardanti aspetti apparentemente non connessi con gli accadimenti futuri (come la possibile morte della madre, invece che del padre, onde evitare la malattia del figlio Michele), sono idonee a determinare il corso della sua vita.
Con questa riflessione, mi pare di intravedere anche la visione del mondo dell’autore, che attribuisce solo alla volontarietà umana la attuale scellerata china che va a travolgere il nostro mondo. Naturalmente è una interpretazione personalissima del pensiero di un uomo che non conosco.
Infine, ragionando sulla domanda drammatica, la lettura ci invita a chiederci quale è stato l’impulso, il moto dell’anima, che ha guidato le piccole e grandi scelte della nostra vita.
Sacha Naspini ha permesso al suo personaggio di trovare una risposta, e noi, al posto di Andrea, sapremmo farlo?