Il nuovo libro di Chiara Mezzalama è un romanzo-confessione trascinante che trasuda amore. Travolgente specie quando lo si perde
Qualcuno ha giustamente osservato che il titolo del recente romanzo di Chiara Mezzalama, Le nostre perdute foreste (e/o, 154 pagine, 16,50 Euro), non è solo evocativo ma anche esaustivo: riassume il senso e l’arco narrativo del libro per intero. È vero a patto che però prima il libro venga letto per poi scoprire che è proprio così. Le foreste perdute sono stanze, le stanze dell’amore – non solo sentimento trasporto struggimento estasi ma anche luoghi di incontro e intreccio di corpi ebbri e affamati.
Cosa abbia determinato il fatto che le stanze-foresta siano andate perdute lo lascio scoprire ai lettori che hanno diritto a inoltrarsi in questa selva dolce e dura senza riserve insieme ai due novelli Adalgisa e Abelardo, in totale abbandono, per seguirli e varcare con loro almeno due ordini di barriere: le restrizioni dunque le forzate separazioni e poi le fughe proditorie dei due amanti a causa, nell’ordine, della clandestinità e della pandemia, e l’oscillazione dei due l’una nella lingua dell’altro, tra francese e italiano, dunque l’uno nella patria dell’altro, tra prosa d’amore e poesia alta, tra scrittura narrativa e scrittura lirica. (...)