UN ROMANZO a una sola voce, quella di un adolescente che urla la sua rabbia contro un paese che gli ha rubato il futuro. Siamo in Tunisia: la Rivoluzione dei Gelsomini è abortita, la società è corrotta, clientelista, autoritaria. Il ragazzo senza nome è in prigione, ha commesso un atto violentissimo e racconta agli inquirenti, all'avvocato d'ufficio e agli psicologi perché l'ha fatto, lui, quindicenne colto e bravo studente. In Bell'abisso, pubblicato da e/o, Yamen Manai (Tunisi 1980) denuncia con il suo urlo rabbioso la brutalità degli adulti e della società sui giovani. Il libro è un grido disperato contro un Paese senza anima e senza speranza per il futuro. «Sì, è un grido di rivolta. Anche se è in prigione, l'adolescente di Bell'abisso non è distrutto. Non abbassa la testa davanti ai suoi interlocutori, continua a rivendicare un mondo più giusto, più bello. L'indigna zione per i suoi aguzzini è intatta. Questa sete giovanile è l'anima stessa del Paese. Anche se il quadro è cupo, non è senza speranza. Senza la notte oscura non c'è nascita all'alba». (...)