Il nuovo romanzo del tunisino Yamen Manai colpisce per la sua cruda rabbia contro le ingiustizie. Il protagonista è un adolescente tunisino il cui cane, Bella, è stato rapito e poi ucciso. Abusato dal padre sotto lo sguardo complice della madre, il bambino prova un amore puro per Bella, che ha salvato e nutrito, e questo amore è un rifugio, un motivo di speranza. Ma il cane, il migliore amico dell'uomo nella tradizione occidentale, non è ben visto in Tunisia. "Era una brava musulmana e, come tutti i bravi musulmani, aveva un problema con i cani", dice l'adolescente parlando di sua madre. Tutto per colpa degli hadith, " quegli aneddoti sul profeta scritti quasi trecento anni dopo la sua morte". Fin dall'inizio, capiamo che il ragazzo ha commesso uno o più atti riprovevoli che lo hanno fatto finire in prigione. Mentre aspetta il processo, racconta tutto a visitatori, avvocati e medici. Il suo attaccamento a un cane, considerato impuro nella cultura musulmana, diventa un atto di emancipazione. Quando il padre vuole portargli via Bella, il ragazzo sale sul tetto e minaccia di suicidarsi. Il padre cede: "Era la prima volta che lo facevo piegare e se si piegava non era perché teneva a me, ma perché aveva paura dello scandalo". Il figlio di un medico rispettato che salta dal tetto è il tipo di notizia che macchia, e non solo il pavimento. Ma quando, a forza di trucchi, l'uomo riesce a sbarazzarsi del cane, il figlio vuole punire tutti i responsabili della morte dell'animale: il padre, il sindaco, il ministro. Favola morale, Bell'abisso è anche una critica feroce alla società tunisina, con la sua violenza sui bambini, il suo disprezzo per la natura e il suo rifiuto dei libri.