Un fuscello di nervi e muscoli. Ebale Zam Martino occupa lo spazio con una levità pesante. È allo stesso tempo leggiadro come un fringuello, ma con addosso il peso della sapienza degli elefanti. Ogni suo passo di danza sembra ricordarci che nel movimento non c'è solo la bellezza sfolgorante che ci mostra, ma anche la sofferenza che si è stati costretti ad attraversare. Una vita di certo ricca, ma anche complicata, immensa nella sua luce, come immensa è stata nelle sue ombre. Ebale Zam Martino, che sarà ospite al CaLibro Africa Festival, non a caso dice di sé stesso: «Sono un artista multidisciplinare». Perché danza, perché scrive, perché canta e ora, mettendo su carta la sua autobiografia, Zam , pubblicata in Italia dalle Edizioni e/o, aggiunge un tassello in più alla sua esperienza di artista, una scrittura che tende a una comprensione universale.
Ebale Zam Martino è nato in Camerun da una famiglia allargata (il padre era bigamo) della borghesia protestante del Paese, legata a doppio nodo con la politica e la diplomazia del Camerun. «Questa famiglia - racconta a "la Lettura" - è stata un onore perché sono cresciuto dentro valori tradizionali, artistici e intellettuali che attraversavano due tendenze, una occidentale e privilegiata e l'altra tratta da rituali, danze e canti, tutti basati sulla fede». Sono state soprattutto le donne della famiglia, la madre e la nonna, a introdurlo al ritmo. E a introdurlo in fondo alla sua identità sessuale. Mama Bel, la nonna materna, era un'iniziata, una maestra di cerimonie in varie danze tradizionali. E sarà lei a chiamarlo, vedendolo ballare, Fame-Minja , uomo-donna, e Atcheng , uomo con i talenti e la flessuosità di una donna. In fondo il futuro era già tracciato nelle parole di Mama Bel. Un futuro di danza e di fluidità di genere. Ma per Ebale Zam Martino ogni passo di vita, e lo si vede dall'incedere lento e inesorabile della sua prosa molto riflessiva, è stato accompagnato da sperimentazioni, dubbi, osservazioni. Questo lo ha portato anche ad essere uno dei più famosi coreografi del Camerun. Il più innovativo e in un certo senso il più sfacciato. «La danza mi ha salvato», dice spesso. Attraverso il movimento ha sempre cercato di trascendere l'identità maschile e femminile. (...)