Certo, ora è più facile essere pessimisti. Perfino per due portatori di speranza come Éric-Emmanuel Schmitt e Matteo Maria Zuppi. Lo ammettono, collegati online dai loro studi. Eccoli in dialogo, lo scrittore e il cardinale. Il drammaturgo franco-belga che da ateo si è convertito al cristianesimo e il presidente della Cei, emissario del Papa per la pace in Ucraina (il tema della guerra in corso aleggia pesante durante tutta la conversazione, ma proprio per la delicatezza del ruolo di Zuppi si è deciso di non sollevarlo). Insieme grazie a una serie di circostanze «fortunate». La prima, la proposta arrivata dal Vaticano a Schmitt: un viaggio in Terra Santa per farne un diario, che è poi il libro La sfida di Gerusalemme , intimo e universale, appena pubblicato da e/o e Libreria Editrice Vaticana (l'autore è in arrivo in Italia per un tour di presentazioni, prima tappa a Pordenonelegge). Seconda occasione: il Festival francescano, in cui i due si incontreranno (questa volta dal vivo, il 23 settembre a Bologna, in piazza Maggiore). Tema del dibattito: Gerusalemme, «sogno di fraternità». Perché c'è un mondo visto da Gerusalemme. E un mondo dentro Gerusalemme. Città santa e martoriata, che ci rappresenta tutti, credenti e non. Piccola città che sembra contenere ogni storia, tutta la storia. E dove, tra divisioni e muri, possono ancora germogliare i semi di una nuova umanità, «più fraterna».
Perché Gerusalemme è una sfida?
ÉRIC-EMMANUEL SCHMITT - È una città unica, verticale e orizzontale. Verticale perché lì Dio ha parlato, lì sono nati l'ebraismo e il cristianesimo, da lì Maometto è asceso al cielo. Verticale perché Dio ha parlato a uomini e donne dicendo «ascoltatemi». Ma anche orizzontale perché allo stesso modo Dio dice agli uomini e alle donne «comprendetevi e capitevi. Sappiate essere al tempo stesso uno e molti». Bisogna che i tre monoteismi e l'ateismo si riconoscano fratelli, ecco la sfida di Gerusalemme. Anche se siamo tutti diversi, con percorsi individuali, la nostra storia è comune. Gerusalemme lo ricorda costantemente a cristiani, ebrei, musulmani, anche agli atei.
MATTEO MARIA ZUPPI - Gerusalemme rappresenta la memoria e il futuro. Tutti noi aspettiamo quella nuova. Paola Caridi, un'amica, ha scritto il libro Gerusalemme senza Dio. Ritratto di una città crudele, nel quale ha esaminato la Gerusalemme della storia. Titolo provocatorio. Gerusalemme, però, è anche una città piena di visioni in cui si scorge, come diceva il vescovo Pietro Rossano, il retro del tappeto, si distinguono le trame, si intuisce la fatica di stare insieme, basti pensare alle risse che scoppiano da secoli nel Santo Sepolcro. Ma in questo dimora la sua grandezza. Vediamo i nodi del tappeto e anche la faccia, la bellezza, che consiste nel fatto che le tre religioni monoteistiche lì si ritrovano faticosamente. Quindi Gerusalemme è anche la città della pace, in cui le radici del Cielo sono un po' più vicine a quelle della Terra. (...)