Nel 2020 Renato Bilancia detto Walter è morto di covid in carcere. Il suo è uno dei casi più inspiegabili e inquietanti nella lunga lista di eventi delittuosi che costellano l’abbondante archivio della cronaca nera italiana. Nel suo caso però non ci sono dubbi sulla colpevolezza, sospetti di collaborazioni esterne mai appurate o scambi di accuse tra familiari tali da alimentare ore e ore di programmazione televisiva in cerca del torbido. Eppure in soli sei mesi renato Bilancia ha lasciato sulla sua strada diciassette vittime, tante quante Jeffrey Damer, ma in un arco di tempo inquietantemente ristretto. La parabola omicida di Bilancia segue una traiettoria imponderabile, da ladruncolo di professione a profanatore di cadaveri passando attraverso l’omicidio con movente, l’omicidio per vendetta e l’omicidio casuale. Carlo Piano nel 1998 ha seguito la vicenda di Bilancia come inviato genovese di un quotidiano nazionale. Grazie a ai suoi contatti in carcere, riuscì persino a intervistarlo poco dopo la cattura. Nel natale del 2020, quando la notizia della morte di Bilancia in carcere lo ha raggiunto, Piano non ha saputo resistere all’impulso di rimettere insieme i pezzi della vicenda, impresa possibile grazie anche ai materiali avuti da Nicoletta Garaventa, figlia del difensore d’ufficio del serial killer: 75 faldoni, 90 mila pagine, 80 fascicoli di intercettazioni telefoniche, tabulati, video, esami balistici e genetici, ricchi per altro di annotazioni a penna scritti dall’avvocato lungo i bordi. Un’ossessione che si è tramutata prima in due anni di lavoro e poi in un libro che prova a spiegare l’inspiegabile, ovvero cosa sia passato nella mente di un uomo comune, che dal nulla nel pieno della mezza età ha iniziato a uccidere e non si è fermato fino all’arresto. Nel mare di true crime da cui siamo assediati su ogni fronte, ne Il torto di Carlo Piano emerge la navigata confidenza del suo autore con l’inchiesta giornalistica addomesticata per l’occasione in uno stile narrativo fluente e suggestivo, che fa da perfetto contraltare alla freddezza affilata di deposizioni e relazioni. C’è true crime e true crime, insomma.