Le fughe da casa, gli amori, la violenza, i "sogni possibili". E la scoperta dell'autocoscienza, dopo mesi al ciclostile. Nel memoir ironico e onesto di Amedea Pennacchi, la voce di una ragazza di quei tempi
Amedea Pennacchi ci regala uno speciale romanzo memoir. In Molotov e bigodini, ciò che domina è il periodo del '68, un'epoca in cui la politica si mangiava tutto, ci si poteva svegliare al mattino maoisti per cambiare il mondo borghese e retrogrado. Questa potente rivoluzione ci viene raccontata dal punto di vista di una donna negli anni in cui la politica su tutto imperava: si mangiava, ci si vestiva, si faceva l'amore in modo politico, l'emancipazione femminile era più teoria che fatti. I compagni erano comunque dominanti e le ragazzine si innamoravano dei leader come le groupies di un cantante rock. Insomma, alle donne toccava comunque essere belle, all'uomo bastava il fascino del potere, anche se contro il potere rivoluzionava. Questo tratto della Storia, Pennacchi ce lo regala con una lingua e un ritmo narrativo che hanno il passo della letteratura vera. Lo fa mescolando tragico e comico negli anni delle bombe in Piazza Fontana e dell'anarchico Pinelli che "cadeva" dalla finestra della Questura. Un libro memorabile, da leggere con molta attenzione, perché se si ride molto, si soffre anche parecchio. La scia di quei cambiamenti si fa sempre più sottile, ma continuiamo a essere i figli e i nipoti di quegli anni. Dimenticavo, Amedea è sorella di Antonio Pennacchi ed è presidente di Pwn Rome, associazione no profit a favore della parità di genere. (...)