"Grillo racconta che sua madre Piera si fidava ciecamente di Walter, il dirimpettaio sempre gentile e premuroso: 'Ero ragazzino e, quando la sera stavo fuori fino a tardi, mia mamma si raccomandava: torna con Donato che è un bravo figliolo, così sto più tranquilla...' diceva Piera". Carlo Piano, nel suo nuovo libro Il torto (e/o) - sottotitolo Diciassette gradini verso l'inferno -, ricostruisce la storia (criminale) di Donato Bilancia detto Walter. Condannato per diciassette omicidi, commessi alla fine degli anni Novanta, e per un tentato omicidio, Bilancia è morto nel 2020 di Covid mentre scontava la pena.
Piano, giornalista che aveva seguito la vicenda da cronista e scrittore, partendo dai documenti - le novantamila pagine del procedimento giudiziario; ottanta fascicoli di intercettazioni telefoniche, tabulati e video; la corrispondenza tra Vittorino Andreoli e Bilancia -, sentendo i testimoni, tornando dove avvennero i delitti, ci porta nella mente del serial killer, dalla parte delle vittime, e qui ne parla prima della presentazione milanese.
Ricordiamo qual è il "torto" del titolo?
«Bilancia aveva sentito due biscazzieri parlare di lui come del pollo da spennare. Si era sempre sentito tradito dagli amici. Provava rancore per il fatto di essere condannato alla solitudine. La sua prima vittima fu Giorgio Centenaro, poi Maurizio Parenti, gli uomini di cui aveva intercettato il dialogo. Iniziò a uccidere per vendetta».
(...) Cos'è il male?
«Indagando sulla mente del serial killer mi sono reso conto di come la distanza tra persone normali e carnefici sia minima. Il male non è un elemento soprannaturale, è tra noi, è ovunque. Basta prendere la strada sbagliata, fare un errore. Quello che mi colpisce nella storia di Bilancia è che fino a 46 anni era un balordo, un ladro che entrava e usciva dal carcere, ma non aveva mai fatto male a nessuno».