Angelita, la protagonista de La combattente (156 pagine, 15 euro) di Stefania Nardini (edizioni E/O) è una donna fragile e sola, fermamente intenzionata, però, ad aggrapparsi ad ogni “brandello di razionalità” per mantenere dritta la barra del rapporto con il figlio; che in tutti i modi vuole tenere esente dalle sue angosce e dalle sue paure, aiutata, per fortuna, dal fatto che Marco, questo il suo nome, vive in un’altra città.
Al di fuori di questo spazio nel quale riesce ad essere sufficientemente determinata e tutto sommato efficace, la sua nuova vita, già marchiata dall’improvvisa solitudine e dai mille dubbi su un presente a dir poco incerto, viene ulteriormente ferita quasi a morte da una “vicenda che si potrebbe facilmente definire estrema e remota, come la pellicola di un film. Ma [che] in realtà non lo è perché, se riaffiora, è ancora presente. Talmente presente da aver partorito l’oggi”. Ed è proprio quell’oggi che, pur nella consapevolezza del dolore, mai avrebbe immaginato di dovere affrontare in questi termini, che la spinge a tentare di appurare cosa si nasconde dietro il contenuto di quell’involucro.
(...)
Animata e sorretta da un linguaggio diretto, preciso, privo di sbavature, la storia raccontataci da Stefania Nardini si tiene sempre a debita distanza dalla insistente e perniciosa impenetrabilità di quei racconti (Dio solo sa quanti se ne pubblicano ogni anno) che indugiano, senza motivo, sugli aspetti più oscuri dell’improvvisa solitudine. La combattente è, viceversa, la storia di una scelta scomoda e un inno al coraggio, che i fatti talvolta ci costringono a sfoderare, soprattutto quando siamo chiamati a “scegliere tra la vita e la morte” (De Gregori, sempre lui).