́Quando Donato Bilancia è morto, poco prima di Natale del 2020, mi è tornata alla mente tutta la storia che avevo seguito da cronista, tutto è tornato a galla e mi ha stretto in una morsa finché non mi sono messo a scriverne, anche per liberarmene. Così racconta Carlo Piano, giornalista, collaboratore de Il Secolo XIX, che dopo aver scritto con il padre, l'architetto Renzo Piano, "Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza" (Feltrinelli), e aver trasformato in forma narrativa la costruzione del nuovo ponte di Genova dopo il crollo del Morandi in "Il cantiere di Berto" (edizioni e/o), questa volta ha scelto di raccontare la storia di un serial killer. All'epoca dei fatti, Piano era il responsabile a Genova della redazione de Il Giornale: «Scrissi molto, anche per le pagine nazionali». Una vicenda vissuta anche a livello personale.«Sono partito facendomi dare tutta la documentazione disponibile dall'avvocato Nicoletta Garaventa, figlia del suo difensore di Bilancia, il principe del foro Umberto Garaventa, che all'epoca era presidente dell'Ordine degli avvocati» racconta Carlo Piano «Si trattava di 90 mila pagine di verbali, 65 faldoni di documenti e 80 fascicoli di intercettazioni telefoniche, esami autoptici, perizie psichiatriche, atti giudiziari. Li ho studiati per un anno e mezzo e poi ho cercato di raccontare questa sanguinosa vicenda in forma narrativa». Alla ricerca di risposte che in ogni caso non possono considerarsi definitive. ́«Bilancia resta comunque secondo me un enigma» dice infatti Piano «La domanda che percorre come un filo rosso tutta la vicenda e tutto il processo è come accade che una persona che arriva a 46 anni, facendo sì il ladro di professione ma senza mai macchiarsi di reati violenti, inizia a uccidere e in sei mesi ammazza 17 persone. Diciassette omicidi sono tanti quanti quelli commessi negli Stati Uniti da Jeffrey Dahmer, uno dei serial killer più tristemente famosi, ma in un arco di tempo più lungo». (...)