C'è Julia, una ragazza di Kiev, che il giorno dell'invasione della Russia in Ucraina si mette le cuffiette e va a fare una passeggiata. La musica nelle orecchie cancella il rumore delle bombe. Un gesto senza senso, eppure negare, far finta di nulla è la prima reazione, perché la guerra è insopportabile. È una delle storie del libro L'ora del lupo (Edizioni E/O) di Valerij Panjuskin, giornalista e scrittore russo, oppositore di Putin e, da qualche mese, rifugiato a Riga, in Lettonia. Parla nei giorni in cui la Russia è sotto shock per l'attentato a San Pietroburgo in cui è morto il blogger Maksim Fomin: decine di feriti sono in gravi condizioni. Ha detto di sentirsi colpevole della guerra, perché russo. Per questo ha scritto il libro? «La guerra contro l'Ucraina per me era inconcepibile. La mia prima moglie è ucraina, la mia attuale moglie è ucraina, il giorno dell'invasione sulla testa di sua zia, ucraina, cadevano i missili che avevo contribuito a pagare con le mie tasse. Dovevo fare qualcosa, mostrare che la guerra è una questione di individui. Non basta contare il numero di morti e feriti. Ognuno di loro ha un nome, gli occhi di un certo colore». Si sente in colpa ma per Mosca è "traditore della patria". «Sì. Mi sento colpevole e al tempo stesso mi sento tradito. Perché Putin ha usato i miei soldi per costruire armi, invece di curare i bambini, costruire autostrade, scuole». Tra le storie che ha raccolto, quale l'ha colpita di più? «Quella del bambino perso di Mariupol. Un gruppo di persone si erano messe d'accordo per scappare dalla città. Formarono una colonna di cento auto e fecero un patto: non si sarebbero fermate per nessuna ragione. Quando cominciarono a cadere le prime bombe, un bimbo di 5 anni fuggì da una delle macchine e andò a rifugiarsi in una casa diroccata. Ma gli autisti, fedeli all'accordo, continuarono ad andare avanti. Nessuno è mai andato a cercarlo, di lui non si sa nulla». Parla anche dei casi di deportazione di bambini ucraini in Russia. «Ho raccolto diverse testimonianze. Come quella di un intero orfanotrofio trasferito in Russia per "educare" i piccoli contro l'Ucraina. Credo che Putin sia ossessionato dall'idea di controllare l'infanzia: lui odia il futuro, non vuole che i bambini crescano liberi». Ha detto che il rapporto con suo padre, favorevole alla guerra, si è interrotto. Lui non può credere che la Russia abbia commesso crimini di guerra. «Forse il 70 per cento dei russi la pensa come lui. Dopo la fine della guerra in Ucraina, ci aspetta quella civile in Russia. È spaventoso, perché abbiamo armi nucleari».