“L’osso del cuore” non è per tutti. Nel senso che disgrega il lettore in mille pezzi e poi lo lascia lì, a leccarsi le ferite.
I personaggi sono superbi: partendo da Asma, così intelligente, ma così mentalmente compromessa da tutte le atrocità viste, che le riesce difficile pensare che ci sia qualcosa di più sano, al di fuori di Casa Libertà; fa molto affidamento nel suo credo e a Nodre, anche se ben presto capisce che è solo il burattino di qualcuno più in alto. Asma fa, Asma lavora, Asma non sbaglia, perché lei, che ha solo una mano sola, sa cosa vuol dire essere ultimi ed essere ultimi non va bene. Il personaggio che mi è piaciuto di più.
Poi c’è Esodo, che si lascia sopraffare dalle emozioni e si lascia guidare da esse.
Esodo che trova soluzioni.
Esodo che fa finta di essere un tuttofare, per arrivare dove vuole arrivare.
Esodo che tiene mille diari per non dimenticarsi niente.
Esodo che si muove in base a dove si sposta il cuore.
Esodo lacerato in due.
Un personaggio incantevole, dolce, rassicurante, che però deve fare i conti con i propri demoni.
E poi, per chiudere, Laura, così enormemente divorata dal passato, che lascia che le cose succedano e cerca in ogni modo una propria via di fuga.
Questi tre personaggi cercano di combattere un regime e delle regole malate, che si mettono in mezzo ad un amore spontaneo e lacerante.
Uno stile, ne “L’osso del cuore”, che colpisce e affonda, disturba e contorce.
Una scrittura che non bada a spese e si fa via via più intensa.
Ha un circuito doloroso, che parla di vite spezzate dalla guerra, dall’autoritarismo, dal regime, dagli abissi più neri dell’essere umano.
“L’osso del cuore” è un corpo spellato e lasciato lì, in tutta la sua nudità, rosso vivo.
Valentina Santini è riuscita, ne “L’osso del cuore“, dove molti scrittori provano ad arrivare, ma non riescono: a prendere i fili di un romanzo e a tirarli nei meandri più reconditi della persona che lo legge, del personaggio che lo vive, dell’immaginazione che lo crea.
Semplicemente fenomenale.