L'autore del primo romanzo (non noioso) sul Metaverso è questo "giovane Orwell" francese, 25enne, che prova a fare pace con le vecchie e le nuove dipendenze. Dei suoi coetanei e sue
«Ombelichi urlanti», potrebbe essere il nome di una band post-punk invece siamo noi, soprattutto loro, «i nativi digitali della mia generazione», secondo lo scrittore Nathan Devers, 25enne anomalo. Intellettuale francese in camicia bianca strettina, "normalista" (uscito dall'École Normale che sforna la migliore classe dirigente e docente), professore aggiunto di filosofia che insegna a studenti solitamente più vecchi di lui. Al quarto titolo, L'Antimondo (dal 29 marzo per edizioni E/O) "il primo libro sul Metaverso che non ti fa fermare per noia a pagina 15", lo ha recensito su Le Figaro Frédéric Beigbeder, suo fan illustre insieme allo storico filofoso Bernard-Henri Lévy, che lo paragona a un "giovane Orwell" e lo ha voluto come caporedattore della sua rivista La Règle du Jeu (ma non si sa se i due supporter gli facciano conquistare consensi o perderli). Devers è un superospite tv, dove ha attaccato Macron sul concetto di università-startup. Su Zoom è di una gentilezza disarmante, che spazza via ogni aspettativa di narcisismo (data anche la faccia alla Delon). Si accende una sigaretta e inizia a parlare. Come si fa a scrivere di Metaverso e non annoiare la gente? «Forse non scrivendo un pamphlet, né una distopia, tantomeno un elogio. Piuttosto la storia satirica o struggente di qualcuno che vive la crisi dei 30 anni, per ora con opportunità che ai tempi pre-social di Roth o Houellebecq non c'erano. E grazie o per colpa delle tecnologie prova a liberarsi e si aliena, senza capire se la vita Meta è una figata o una fregatura». (...)