A Mosca è già buio. Seduto davanti alla tv insieme a sua moglie per sentire il notiziario, il giornalista Pavel scopre che il passato è tornato a cercarlo: nella chiesa di un villaggio poco lontano, centinaia di persone sono state prese in ostaggio da un uomo che conosce. È l'ex soldato Vadik che non vede da decenni e, adesso, per negoziare la liberazione dei civili, chiede proprio lui, ormai disilluso redattore di una stantia redazione moscovita. Così: potente e veloce come uno sparo, inizia l'ultimo romanzo di Michail Ševelëv. Protagonista è il vecchio reporter russo costretto a specchiarsi in chi russo non vuole più esserlo e ha inventato una nuova nazionalità: un non russo, anzi, come il titolo, Russo no.
Insieme al volto dell'ex militare riemergono memorie incensurate della gioventù che Pavel ha trascorso a zonzo per il Caucaso mentre infuriava una delle guerre russe: quella contro i separatisti ceceni, spesso filmati dal compagno di scorribande Zenka, sempre in cerca di “spari, pallottole, il sangue che scorre e non importa di chi”. Sarà con lui che Pavel tratterà la liberazione del giovanissimo cadetto Vadik, finito nella cella dei sequestratori islamici. Poi quella guerra termina, proprio come la gioventù: i destini dei tre divergono, si rivelano lunghe barzellette tragiche. Pavel si rassegna dietro una scrivania a leggere articoli altrui, Zenka va a lavorare nella tv della propaganda, per Vadik la traiettoria prosegue fin nei Carpazi, in Ucraina. (...)