Codice 612. Chi ha ucciso il Piccolo Principe? è un giallo letterario e insieme un divertissement colto che Michel Bussi ha costruito intorno al libro più famoso di Antoine de Saint-Exupèry e alla morte di questi, precipitato in mare nel 1944 durante un volo militare di ricognizione. Come è noto, la carcassa arrugginita del suo aereo venne ripescata solo sessant'anni dopo, un po' come in quel romanzo il corpo del Piccolo Principe svaniva lasciando al suo posto «una vecchia scorza abbandonata». «Sembrerò morto e non sarà vero» diceva il protagonista di quel libro e la stessa cosa si può dire poeticamente del suo autore.
Questa specie di parallelismo e/o di similitudine fra le due esistenze, una di carta, l'altra reale, è l'idea guida dell'indagine di Bussi, una controinchiesta, se si vuole, con tanto di indizi, false piste, testimonianze contraddittorie, possibili moventi e possibili colpevoli. In essa gli asteroidi della favola si Saint-Exupéry diventano delle isole, il volo degli uccelli selvatici usato come mezzo di trasporto lascia il posto a un aereo, ma «i testimoni sono gli stessi, assurdi e commoventi». Ci sono due investigatori, la giovane detective alle prime armi Andie e Neven, un nome palindromo che un ex aviatore e un meccanico di aeroplani; c'è un club occulto, il Club 612, i cui membri raccolgono da anni ogni traccia che aiuti a svelare l'enigma di quella duplice scomparsa, e ci sono persino la volpe, il serpente e la rosa, il regno dell'uomo d'affari e quello del bevitore o del lampionaio... Soprattutto, Bussi ci regala il suggerimento di tornare a leggere un racconto senza tempo e che, invecchiando come lettori, si tende colpevolmente a dimenticare, anche perché, nella sua essenza, Il Piccolo Principe non è tanto lo stucchevole invito a riscoprire il bambino che è in noi, ma il prendere atto che non esiste grandezza, d'arte come di destino, senza una parte d'infanzia, ovvero la capacità di mantenere intatte, pur nel passare del tempo, passioni e idealità che di essa fecero parte. (...)