Quando Silvia mi ha chiesto di scrivere di L’osso del cuore, esordio eccezionale di Valentina Santini per i tipi di E/O, è riuscita ad attirare la mia attenzione con poche parole: “è un libro molto bello. Forte e crudo”. (...)
Ci sono solo protagonisti umani. Persone che, messe davanti alla morte e alle torture spesso scelgono la via più facile per salvarsi: il tradimento, la confessione, la bugia, la violenza.
Non mi sono mai piaciuti granché i libri buoni, quelli in cui tutto è rose e fiori, quelli in cui tutto si risolve felicemente e il mondo è un posto in cui domina la speranza, la gioia e la serenità. Mi fanno paura, hanno qualcosa da nascondere. Hanno le gambe corte, come le bugie.
E allora ben vengano i libri come L’osso del cuore, un romanzo dove l’umanità non è mai al sicuro, non è mai al riparo. Perché è proprio qui che sta il bello. Perché in mezzo a tanto odio, terrore, tristezza, malvagità (perché l’uomo, in primis, si sa, è cattivo) ci sono uomini e donne che tracciano le loro traiettorie e le seguono, reagendo agli scossoni della vita, incassando i colpi, nel bene e nel male, portando avanti pensieri e azioni che poco hanno a che fare con l’amore, la speranza, l’amicizia e tutti i soliti temi stucchevoli e zuccherosi, triti e ritriti.
O meglio, anche qui si possono incontrare, ma sono come degli alter ego di loro stessi, speculari: amori deviati (e devianti), speranza nelle più atroci vendette.