«Una storia antica di alterigia, vanagloria, ostentazione e vanto attraverso cui la nostra sventurata famiglia ha imparato a tenere le proprie ferite al riparo da occhi indiscreti». È una vicenda ricca e complessa quella narrata da Amira Ghenim nella Casa dei notabili, uscito a fine novembre per le edizioni e/o. Accademica e scrittrice tunisina, l'autrice riesce a rendere in un linguaggio accurato e appassionante (ottimamente tradotto dall'arabo da Barbara Teresi) una grande saga familiare «zeppa di intrighi, rancori, insolenza e presunzione, traboccante di amori soffocanti» nascosti sotto maschere sorridenti per celare «il volto pieno di cicatrici». Il romanzo, finalista all'International Prize for Arabic, ha avuto un successo strepitoso in Tunisia, anche perché tocca alcuni nodi irrisolti di una società strattonata fra tradizione e innovazione. Con al centro la questione femminile.
Amira Ghenim, il suo romanzo è un grande affresco della società tunisina dell'ultimo secolo...
Si tratta infatti di un'epopea che coinvolge due famiglie tradizionali e benestanti, che vivono nella medina di Tunisi, in lite fra loro a causa dei sospetti suscitati da un presunto adulterio tra lalla (signora) Zubeida e il suo precettore si (signor) Taher. Ma l'idillio tra i due giovani è lungi dall'essere l'essenza del romanzo. Ho infatti voluto raccontare la Tunisia degli anni Trenta, un periodo effervescente della nostra storia nazionale, ricco di conflitti politici e culturali, che hanno avuto ripercussioni anche in seguito.
Nel romanzo si trovano personaggi realmente esistiti, come lo stesso Taher el-Haddad, militante per i diritti dei lavoratori e l'emancipazione delle donne. Perché questa scelta?
La società tunisina non sarebbe mai stata quella che è oggi senza i suoi scritti d'avanguardia a favore della promozione della donna e dell'abolizione della poligamia. Questo romanzo vuole in qualche modo rendere omaggio a questo riformatore morto nel fiore degli anni nell'assoluta ingratitudine dei suoi contemporanei.