(...) Anche in “La mia bottiglia per l’oceano” pagina dopo pagina, per gabbare il lettore, Bussi si diverta a giocare a rimpiattino con lui, guidandolo ma anche fuorviandolo, spargendo stravaganti indizi e astruse possibilità da verificare, costringendoci a baloccarci con varie ipotesi, mischiando generosamente antiche leggende sempre scrivendo e interpretando la sua trama dai più diversi punti di vista.
Tutti a conti fatti potrebbero essere colpevoli. Ma qual’ è la verità?
La porta chiusa poi, un escamotage ricorrente nei gialli, qui, si dilata a suo piacere e aggiunge un pizzico di novità. Siamo infatti su una piccola isola, dove tutti sono presenti fin dall’inizio. Ragion per cui l’assassino è per forza da cercare tra i personaggi che già conosciamo . Ma con la storia ben congegnata e con la tensione che aumenta a poco a poco, scopriremo che Hiva Oa, l’isola, non è così accogliente quanto vorremmo. Sì all’inizio si ha l’impressione di trovarsi in un paradiso a porte chiuse, in mezzo al Pacifico, in un luogo magico circondato da spiaggia nera e acqua perfettamente azzurra…. Dove il sole splende, cullati dal sottofondo musicale delle canzoni di Jacques Brel. Ma è vero o invece solo un’illusione?
Certo è che quell’isola è fantastica ma anche molto, ma molto pericolosa.
E poco a poco scoprendo la sua storia, ci chiederemo se l’isola stessa non sia almeno in parte responsabile di quello che succede ai personaggi. La messa in scena è perfetta con i tiki che appaiono come per magia, le storie di manas, cannibalismo e sacrifici che ci fanno immergere in un altro mondo. Ma l’isola cela qualcosa di oscuro e l’atmosfera tanto particolare creata dall’autore ci restituisce qualcosa di crudele, sia che si tratti di particolari della vita di Gaugin, di Brel, o e soprattutto per la barbarie della colonizzazione francese che la storia ha voluto dimenticare .
Un elegante e intrigante puzzle narrativo che rimanda in chiave “bussiana” a famosi misteri all’Agathe Christie risciacquati nelle “Marchesane acque ” di Hiva Oa.