Bussi, sempre scoppiettante, ci propone un classico giallo della camera chiusa ambientato nelle isole polinesiane. Per la precisione a Hiva Oa, nelle Isole Marchesi, dove nel cimitero di Atuona sono sepolti due mostri sacri della “francesità”: Paul Gauguin e Jacques Brel. Lo fa con il suo modo un po’ destrutturato e destrutturante di raccontare le cose. Sommando punti di vista diversi, invertendo i fili della narrazione, mescolando alla cronaca dei fatti molta ironia. Inventando un punto di partenza molto originale per la vicenda: cinque vincitrici di un concorso, alle quali viene concesso un soggiorno polinesiano nel corso del quale verrà tenuto un corso di scrittura creativa dal notissimo autore di gialli Pierre-Yves Francois. Il quale propone, in avvio del corso, di riflettere sul migliore inizio possibile per un giallo, che a suo avviso non è un morto, ma una sparizione. Così, quando poco dopo sarà proprio lui a sparire, tutti penseranno a un artificio letterario.
Al di là del fascino indiscutibile delle isole polinesiane, quello che interessa Bussi sono le persone messe a nudo. Spinte a rivelare la loro anima profonda, costrette da un ambiente chiuso e in un certo senso claustrofobico che le obbliga a relazionarsi intensamente per tutto il giorno. E il rapporto che si instaura tra la realtà e la finzione, tra gli avvenimenti e l’immaginario, fino a far confondere tutto in un gioco di specchi quasi indecifrabile. Un giallo della camera chiusa che ha perso un po’ della classica razionalità alla Agatha Christie e ha qualcosa della profonda analisi, quasi psicanalitica, degli scrittori scandinavi. Bussi ha le doti per costruire, a partire da queste idee di fondo, un romanzo avvincente, che ti conquista pagina dopo pagina, come ha più volte dimostrato nella sua carriera letteraria.