Questa volta, Le Corre abbandona il XIX secolo e la capitale per un romanzo ambientato nella sua città, Bordeaux, durante il movimento dei “gilet gialli”, all’inizio del 2019. Il suo protagonista è il comandante Jourdan, un poliziotto provato, che si sente alla deriva e, ribelle e disilluso, cerca a suo modo di riparare ai torti.
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Hervé le Corre non ha scelto un percorso facile, basando il suo ultimo romanzo su quello che avrebbe potuto rappresentare un trio ultra stereotipato. Un trio di personaggi che abbiamo l’impressione di aver incontrato tante volte forse troppe nei noir e nei thriller.
Vedi: Louise, la madre in pericolo, molestata e maltrattata dal suo ex, che si trascina un presente ingombro dei resti di un passato doloroso. E lo stesso Jourdan, il poliziotto sconvolto dai delitti e dalla miseria che lo circonda, in bilico tra tristezza e rabbia. Per non parlare del serial killer, mostruoso femminicida dominato da una tossica influenza familiare.
Ciò nondimeno la nostra prima impressione svanisce rapidamente perché Hervé le Corre, con bravura e polso di ferro ci indirizza altrove dall’ennesima indagine di polizia. Se sposa le linee di colpa e fuga dei suoi tre personaggi, lo fa a beneficio di una profonda riflessione, indagando, con inquietante acutezza, sulle origini del male e del crimine, inserito in un preciso contesto sociale.
Come restare immobili e impotenti di fronte all’oscurità di un certo mondo? Hervé le Corre offre con molta umanità la sua risposta destinata a coloro che vivono ai margini, schiacciati da una vita senza scampo. Descrive con toni duri ma privi di compiacimento le grida soffocate, i dolori sepolti, i sogni abortiti, lo stillicidio della paura, lo scivolamento nella rabbia sorda, la sofferenza dei deboli.
Questa notte permanente è tuttavia illuminata talvolta da alcuni raggi, in particolare con il bellissimo personaggio di Louise, ma questi bagliori sono solo fugaci. E il terribile risultato finale lascia impotenti, confusi e sconvolti. Forse la luce è scaturita in realtà solo dalla magistrale maestria dell’autore nel navigare nel genere thriller. La costruzione in primis, notevole intelligenza nell’accrescimento della tensione narrativa, nell’incrociarsi delle diverse linee narrative fino alle ultime cinquanta pagine di un’intensità mozzafiato.
Unico vero compenso la sua scrittura cesellata, con una musicalità che arriva a flirtare con la poesia. Ma la trama dura e crudele non concede mai tregua.
Una grande scrittura per, una storia di insolita oscurità, tradotta magistralmente da Albero Bracci Testasecca, e che ci fa chiudere il libro forse sollevati per averlo letto, ma anche e soprattutto di essere arrivati alla parola fine. In questi tempi tanto difficili per tutti “Attraversare la notte” è un romanzo che non offre distrazione, né gioia di spirito….